I numeri in Lombardia sono terrificanti. Quello che avverrà in questa regione nelle prossime settimane sarà cruciale per capire come questa epidemia evolverà. Dobbiamo aspettare con pazienza, come è stato fatto in Cina, per vedere se queste misure di contenimento, le uniche che si possono mettere in atto in questa emergenza, diano i loro frutti”. Sono le parole pronunciate ai microfoni di “Lavori in corso”, su Radio Radio, da Roberto Cauda, primario del reparto di Malattie Infettive del Policlinico Gemelli Irccs di Roma.

L’infettivologo, pur premettendo che si tratta di un parallelismo ardito, fa un paragone tra la situazione italiana e quella cinese: “Non me ne vogliano i colleghi e gli amici lombardi, ma potremo paragonare la città di Wuhan con la parte più colpita dal coronavirus, e cioè la Lombardia e le province incluse nel penultimo decreto del governo. La restante parte del Nord Italia, per i numeri di contagio, è paragonabile alla provincia cinese dell’Hubei. La restante parte equivale alla restante parte della Cina. Nel Sud Italia chiaramente l’obiettivo è quello di cercare di mantenere i numeri che, pur essendo ancora bassi, temiamo che possano salire“.

Cauda loda le misure attuate dal governo e aggiunge: “La chiusura dell’Italia è una misura giustissima, perché chiudere solo alcune zone determina comunque delle falle. E questa dovrebbe essere l’idea prevalente in Europa, dove l’Italia rappresenta una sorta di laboratorio. A mio giudizio, nel contagio siamo 10 giorni avanti rispetto a Paesi come Francia e Germania. Se ci fosse una regia europea e un coordinamento unico nella Ue, sarebbe sicuramente meglio – spiega – Quindi, il problema potrebbe essere risolto in un Paese europeo e negli altri no. Ricordo che si tratta di un virus che incontra una popolazione vergine, cioè senza anticorpi, a differenza di quanto avviene per l’influenza. Pertanto, prima che si formino gli anticorpi, questo virus deve circolare in assenza di un vaccino. Come hanno riscontrato i cinesi, c’è il serio rischio che ci possa essere un ritorno. E’ un virus subdolo che richiede grande attenzione. Da ricercatore e da medico, e non certo da politico, ritengo che un coordinamento europeo sarebbe necessario e soprattutto la risposta responsabile in un momento di grande difficoltà”.

Circa i tamponi, Cauda osserva: “Il loro uso eccessivo non trova, soprattutto nei soggetti asintomatici, una rilevante evidenza epidemiologica, anche perché il tampone ci dice qualitativamente se sei positivo o no al virus, ma non ci dice quanto virus c’è e quanto una persona possa essere contagiosa. Riguardo al ruolo degli asintomatici nella trasmissione del virus, dobbiamo un po’ affidarci all’Oms, secondo cui quel ruolo non si sa ancora quale sia, ma verosimilmente è minoritario”.

Il medico, infine, invita a non abbassare la guardia nel controllo dei contagi nel Sud Italia: “I numeri sono inferiori perché il virus è entrato più tardi. Ricordo che c’è stata una migrazione di tanti soggetti dal Nord al Sud. E a loro bisogna rivolgere un appello alla responsabilità perché stiano in quarantena, perché altrimenti queste persone rappresentano un elemento di serio pericolo“.

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