È il 25 aprile 1943 il Torino vince 1-0 a Bari e festeggia lo scudetto. Il secondo della sua storia, il primo di Valentino Mazzola e compagni. I granata vincono anche la Coppa Italia, mentre il campionato prosegue con gli spareggi per non retrocedere fino a giugno. Nonostante la Seconda Guerra Mondiale, il calcio continua fino al 25 luglio perché c’è da giocare la coppa post campionato di Serie C. Solo in questo momento il pallone in Italia si ferma veramente. È la prima volta che succede dopo il conflitto mondiale del 15-18.

Riprenderà il 4 dicembre 1943 a Roma con la gara tra Avia e i Vigili del Fuoco di Roma, in campo è presente anche Alberto Piccinini, giocatore poi della Juve e padre del telecronista Sandro. Iniziano i tornei di guerra che avrebbero visto trionfare i Vigili del Fuoco di La Spezia nel luglio 1944. Pochi mesi soltanto e partono i vari tornei regionali nel centrosud, in verità mai terminati con un vincitore. Siamo già nel 1945 e ad ottobre, a guerra conclusa, riparte regolarmente il 44esimo campionato di Serie A. Lo vince ancora il Torino, che ormai è diventato Grande. Si laurea capocannoniere con 22 reti Guglielmo Gabetto. Sono stati dunque due gli stop durante il secondo conflitto mondiale, ma consistente solo il primo, quando il calcio si è interrotto per più di quattro mesi.

Nel 1998 è uscito un libro dal titolo Scudetto a Spezia di Carlo Fontanelli e Daniele Cacozza. Nell’introduzione al volume che racconta nel dettaglio il torneo di guerra si trova scritto: “Settantacinque squadre, centoventi partite, millesettecento reti, millequattrocento giocatori e centosessantatré arbitri; questa la sintesi estrema del Campionato di Guerra 1943-44 (…) se non bastassero le cifre sopra accennate ad evidenziare l’importanza del torneo (…) dovrà essergli almeno riconosciuto il merito di avere impedito che la macchina calcistica rimanesse totalmente inceppata dalle vicende belliche, tutelando così il patrimonio atletico costituito dei giocatori”.

Poi il calcio non si è mai fermato così tanto. Ci sono state alluvioni e grandi freddi, terremoti e tragiche morti in campo o nelle tribune. Scioperi dei giocatori, ma mai interruzioni lunghe. Nel 1973 ci fu un’epidemia di colera tra il 20 agosto e il 12 ottobre in Campania, Puglia e Sardegna. Il campionato che poi sarebbe stato vinto dalla Lazio iniziò il 7 ottobre e proseguì regolarmente. Nelle settimane precedenti si erano giocate le gare di Coppa Italia. Il 16 settembre nella terza giornata del primo turno del girone F il Genoa si era rifiutato di giocare al San Paolo, il Comune di Genova si era opposto all’inversione di campo e così gli azzurri vinsero 2-0 a tavolino. E la coppa proseguì (l’avrebbe vinta il Bologna).

Ora il governo e il Coni hanno sospeso lo sport fino al 3 aprile. Saltano intanto due giornate di Serie A oltre ai recuperi già in calendario. Ma questo stop da record potrebbe non bastare per riprendere a giocare in sicurezza, in tempo per finire regolarmente il torneo. Questo maledetto coronavirus per il campionato di Serie A (e per tutto lo sport) apre scenari che ricordano i tempi di guerra. Calcisticamente, forse anche peggiori.

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