Firenze, Piazza della Stazione. Al civico 1 c’è un palazzo dove fino a pochi anni fa vivevano decine di famiglie. Oggi molti condomini hanno perso il dirimpettaio di pianerottolo: alle chiacchiere sulle scale si è sostituto il rumore dei trolley, trascinati da turisti provenienti da ogni parte del mondo e in cerca dell’appartamento giusto. Una ricerca che a volte devono fare da soli, perché le grandi agenzie che gestiscono appartamenti su Airbnb spesso non vanno ad accogliere di persona l’ospite. Il check-in è affidato a sistemi digitali, con un codice inviato sullo smartphone che permette di aprire un box di sicurezza e prelevare le chiavi. Poi però rimane da trovare la casa giusta, e non sempre ci si riesce al primo colpo: “Ormai è diventato normale avere persone fuori dalla porta che armeggiano con la propria serratura”, racconta Nicola D’Angelo, un inquilino del palazzo. “Qualcuno di noi, per una strana coincidenza delle chiavi, si è anche trovato in soggiorno turisti che avevano sbagliato scala”.

Storie di vita vissuta in una città italiane a cui il fenomeno degli affitti brevi sta cambiando volto. Se il giro d’affari arricchisce i pochi – non a caso il governo sta mettendo a punto un decreto che punta a mettere paletti – l’impatto è devastante per tanti. A Bologna gli studenti finiscono in periferia, i Quartieri spagnoli di Napoli diventano vetrine per le “esperienze” spacciate ai turisti come autentiche, mentre nelle città dove il fenomeno è in atto da tempo, come Firenze e Roma, il tessuto urbano è stravolto. Il commercio di vicinato scompare a vantaggio dei ristoranti turistici.

Guadagni per pochi – Nicola è uno dei pochi residenti rimasti nel condominio, ma a Firenze gli appartamenti prenotabili tramite la piattaforma sono oggi 11.262. A riportare il dato è Inside Airbnb, sito fondato nel 2014 dal giornalista australiano Murray Cox in cui sono mappati tutti gli annunci su Airbnb in molte città del mondo. Il numero di Firenze contribuisce a fare della Toscana la regina di questo mercato in Italia, con un totale di 66mila alloggi disponibili, più che raddoppiati in soli tre anni. L’Italia, dietro solo a Stati Uniti e Francia, conta in tutto 460mila alloggi: l’ultimo anno, come dichiarato da Airbnb, si è chiuso con 11 milioni di persone ospitate, per un giro di affari da 2 miliardi di euro. Una montagna di soldi che finisce nelle mani di pochissimi: a Firenze, secondo Inside Airbnb, il 65% degli annunci è riconducibile a multihost, ovvero utenti che gestiscono più di un appartamento, con 15 di questi che controllano il 10% degli alloggi totali. Si tratta di agenzie strutturate, che però sulla piattaforma si presentano con nomi di persona: “Bettina”, ad esempio, gestisce 155 appartamenti a Firenze, 147 a Roma, 61 a Bologna. A Venezia la concentrazione è simile: due terzi degli annunci appartengono a profili che ne hanno pubblicato almeno un altro. E anche qua a guadagnarci sono in pochi: “C’è un 5% di host a cui va un terzo dei ricavi totali”, racconta Alice Corona, ricercatrice che ha collaborato al progetto Inside Airbnb e ha contribuito a fondare OCIO, l’Osservatorio civico sulla casa e la residenza di Venezia. “Abbiamo stimato che gli host non commerciali, ovvero quelli che risultano avere meno di 60 notti prenotate all’anno, sono il 25% del totale, ma ricevono solo il 4% dei ricavi”.

Crollano i residenti. “Città diventano mangiatoie per turisti” – “Airbnb sottrae direttamente unità residenziali: ad ogni annuncio corrisponde un’unità abitativa in meno affittata a lungo termine”, spiega Filippo Celata, ricercatore di geografia economica della Sapienza e del Laboratorio Dati Economici Storici Territoriali di Siena. Incrociando i dati di Airbnb e quelli Istat, è emerso che nel centro storico di Firenze il 25% dell’intero stock immobiliare residenziale è attualmente sulla piattaforma, mentre a Roma e Venezia la quota è del 12%. Meno case disponibili per l’affitto a lungo termine significa anche prezzi più alti, e il risultato è un’inevitabile fuga dalle città: “A Roma, nei quartieri “Centro storico” e “Trastevere”, dal 2014 al 2018 la popolazione residente si è ridotta di circa il 30-40%, a Firenze è passata dal 18,2% al 17,3% del totale comunale”. A Venezia il conteggio è ormai in parità: “Nella città antica ci sono 53mila posti letto per turisti e 53mila residenti”, riferisce Corona. “Airbnb sottrae spazi abitativi nel centro e fornisce incentivi enormi ad affittare nel breve periodo: oggi anche chi ha uno stipendio buono fatica a trovare casa”. Non solo: “Il commercio di vicinato destinato alla residenzialità scompare perché non c’è più domanda”, aggiunge Celata. “Rimangono solo ristoranti e servizi per turisti, con le città che diventano enormi mangiatoie: è il circolo vizioso dei turisti che cercano urbanità ma poi, con questi numeri e modalità, finiscono per distruggerla”.

Lo studente di Bologna: “Ora il padrone di casa vuole triplicare la rendita” – A Bologna l’università non produce solo laureati, ma anche futuri cittadini. Negli ultimi anni però per le matricole trovare casa è diventato più difficile che sostenere i primi esami, e anche chi ha già una stanza non è al sicuro: “Vivo da anni in un appartamento condiviso con altri quattro studenti, per un affitto totale intorno ai 1.300 euro”, ci racconta Davide. “Il proprietario del palazzo qualche mese fa ci ha comunicato che alla scadenza del contratto alzerà i prezzi: forte della crescita degli affitti brevi legata ad Airbnb, vuole triplicare la sua rendita”. In quel palazzo ci sono otto appartamenti, in cui vivono soprattutto studenti: nessuno si può permettere una cifra simile e così decine di ragazzi saranno costretti ad andarsene, spostandosi in massa verso la periferia. Di casi come questo in città ce ne sono sempre di più: “Tutti gli studenti con cui parliamo hanno da raccontare un’ingiustizia a livello abitativo”, spiega Fabio D’Alfonso, del Comitato Pensare Urbano, che ha lanciato un appello al governo per chiedere un intervento normativo organico sugli affitti brevi. “Oggi una stanza singola a Bologna costa in media 410 euro, e il tempo di ricerca è di due mesi. Questo fa proliferare discriminazioni di ogni tipo, con i proprietari che si prendono libertà di affittare corridoi e stanzini”.

“A Napoli famiglie povere sfrattate dai bassi. Anche la camorra investe” – A Napoli la penetrazione di Airbnb è stata travolgente: ad oggi gli annunci mappati da Inside Airbnb sono 7.169, poco meno di una città da sempre legata al turismo come Venezia. “Questo processo sta conquistando tutti i quartieri”, racconta Anna Fava, attivista della Rete Set, movimento che si batte contro la turistificazione delle città nato nel sud Europa. “Le attività di vicinato che servono agli abitanti stanno scomparendo, rimane solo ciò che è legato al turismo”. E in città, insieme ad Airbnb, si è fatta strada una narrazione a misura di turista, anche nella ristorazione: “Nell’ultimo anno tra i vicoli dei Quartieri spagnoli sono spuntate diverse trattorie che si dicono storiche, quando in realtà hanno aperto da poche settimane”. Neanche i bassi napoletani si sono salvati: “Sono diventati i luoghi preferiti per chi vuole guadagnare con Airbnb, perché si fa credere al turista mordi e fuggi che sia un’esperienza autentica”. Di autentico, però, c’è solo lo sfratto per le famiglie più povere che da sempre vivono lì, sotto la pressione della criminalità organizzata: “La camorra sta investendo in questo fenomeno, perché è facilissimo riciclare soldi ed evadere controlli”. A novembre, durante un’operazione antiabusivismo, la polizia ha sgomberato sedici appartamenti situati nelle laterali di Spaccanapoli e diventati la base operativa di un clan del centro: in uno di questi, entrando, gli agenti hanno trovato una coppia di turisti appena arrivata da Pistoia che aveva prenotato l’alloggio online, ovviamente all’oscuro di tutto, e che ha lasciato immediatamente la città. “Quello che i turisti vivono come un paradiso è in realtà basato su un meccanismo che aumenta le disuguaglianze sociali e trasforma la vita reale dei quartieri in intrattenimento: se non si interviene subito, il risultato sarà mostruoso”.

“A Firenze costi condominiali alle stelle per i rifiuti prodotti dai turisti” – Gli effetti di una città dominata da Airbnb sono già evidenti a Firenze: “Nel quartiere 1, quello più centrale, si trova un affitto a lungo termine ogni 10 annunci sulla piattaforma, nei quartieri limitrofi uno ogni 5”, racconta Grazia Galli di Progetto Firenze. Il fenomeno insomma non riguarda più solo la zona Unesco, ma tutta l’area urbana, in particolare in corrispondenza della tramvia: “Se non lavori nel turismo, vivere a Firenze oggi significa essere sommersi dai costi e dai disagi che ne derivano. Nell’area Unesco si produce una quantità di rifiuti che equivale a quella di 150mila famiglie, ma in realtà siamo 40mila: la differenza, che viene dagli ospiti, la paghiamo noi, così come i costi condominiali aumentati del 50%. I palazzi si sono riempiti di locazioni turistiche che figurano come abitazioni dal punto di vista fiscale, ma in realtà sono vere e proprie imprese che fanno concorrenza sleale: di fatto abbattono i costi trasferendoli sui residenti”.

In tanti decidono di andarsene, con un effetto domino sulla provincia: “Tantissime famiglie sono andate a vivere a Figline Valdarno o a Empoli, con conseguenze negative anche per quei posti”, spiega Laura Grandi, segretaria del Sindacato inquilini della Toscana. “Ma c’è anche chi non può allontanarsi troppo dalla città, e sono proprio i lavoratori dell’indotto del turismo, tipicamente dequalificato e precario, che spesso iniziano a lavorare molto presto e sono costretti a vivere a Firenze”. È un altro prodotto di questo tipo di turismo: un esercito di lavoratori poveri, costretti a pagare affitti esorbitanti in una città dominata dai turisti che servono ogni giorno e dai grandi proprietari di immobili, che si prendono il grosso di quei due miliardi di euro che arrivano in Italia tramite Airbnb.

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