Una “preoccupante serialità” e una “notevole capacità di programmazione” dei reati, nonché una “spregiudicata aggressione” nei confronti di un “bene supremo” come il patrimonio dei correntisti e della banca. Con il rischio che tutto possa continuare nonostante il commissariamento. Perché la struttura di Popolare di Bari “è ancora sottoposta al controllo di fatto” della famiglia che esercita un “potere illecito” e potrebbe minarne il risanamento impedendo “l’emersione dei dati contabili”. La fotografia di Marco e Gianluca Jacobini, gli ex “padroni assoluti” della banca, scattata dal gip Francesco Pellecchia è riassunta in uno dei passaggi finali dell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato padre e figlio ai domiciliari, come il dirigente Elia Circelli, e all’interdizione di un anno dell’ex amministratore delegato Vincenzo De Bustis.
Anche per lui – banchiere di lungo corso passato per Banca 121, Mps e Deutsche Bank – il giudice per le indagini preliminari spende parole pesantissime, parlando di “elevatissima propensione a delinquere”, “notevole spregiudicatezza” nel programmare ed eseguire “delitti spiccatamente plurioffensivi” oltre a una “consumata abilità” nel mettere in pratica le “condotte delittuose”. La sua personalità, secondo il gip, “si presta ad una valutazione estremamente negativa” e il giudice rimarca come risulti avere “contatti con gestori di fondi internazionali di dubbia provenienza”.
Per tratteggiare il profilo dei dominus della Popolare di Bari, il giudice richiama anche gli interrogatori dell’ex ad Giorgio Papa, coindagato, e del dipendente della BpB Benedetto Maggi. L’ex manager ha evidenziato il ruolo “assolutamente preponderante” degli Jacobini nella “gestione” e nel “controllo”, quanto Circelli fosse centrale nella redazione dei bilanci, nonché a suo avviso “l’estrema accondiscendenza dei vertici della Banca d’Italia”. Secondo Maggi, che si è presentato negli uffici della procura il 17 dicembre, il rapporto con il gruppo Fusillo – uno dei più grandi clienti della banca e recentemente fallito – “veniva gestito da Gianluca Jacobini” anche se questi era “privo dei poteri che lo legittimavano al contatto con il cliente” e suo padre Marco “governava la banca lo sguardo”. Un potere “assoluto”, lo definisce, sottolineando come si arrivava alla falsificazione delle verbalizzazioni del comitato crediti “per non far emergere la presenza della famiglia Jacobini non legittimata ad essere presente”.
Un quadro che rischiava di continuare, nonostante il commissariamento della banca. Per questo – oltre che a causa delle operazioni per svuotare i conti e occultare oltre 5 milioni di euro – il giudice del Tribunale di Bari ha disposto gli arresti. A suo avviso, nonostante l’allontanamento formale, sono esistite fino agli arresti domiciliari di venerdì mattina “occasioni concrete” per la commissione di ulteriori reati “della stessa indole”. Per dire: Gianluca Jacobini, si legge nelle carte, ricopre ancora ruoli in Cassa di Risparmio di Orvieto, controllata da PopBari. Troppi rischi, insomma, per la struttura della banca che “è ancora sottoposta al controllo di fatto” della famiglia. Di qui l’urgenza e la necessità, secondo il gip, di “impedire che tale potere illecito impedisca il risanamento” con “devastanti effetti sull’economia meridionale”.
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