Cominciamo subito con una buona notizia: l’85% del made in Italy si schiera con l’ambiente e si dichiara ecosostenibile. Era ora che se ne accorgessero anche gli stilisti. Dal super ego si passa al super eco, tranciabilità dei prodotti, utilizzo di tessuti organici, riuso e riciclo, strumenti di valutazione della sostenibilità che guida miglioramenti e trasparenza nel settore della moda, uso di etichette e di packaging che garantiscano la conformità agli standard sociali. Educare i giovani che guardano la moda come fonte d’ispirazione a non sprecare perché un capo di buona manifattura è destinato a durare nel tempo e dunque diventa eco/frendly. I capofila sono Armani, Prada, Zegna, Ermanno Scervino, Isaia. Renzo Rosso, cresciuto e vissuto in campagna, visionario, ma anche uomo pratico, farà certificare tutta l’azienda e intanto mappa i negozi Diesel nel mondo per misurare e ridurre le emissioni nocive e a febbraio presenterà una capsule collection realizzata con gli scarti della produzione.

Il registro di Scervino è sempre sapienza artigianale profondamente italiana, il tailoring maschile svuotato di ogni durezza. Il guardaroba di “lui” , fatto di pantaloni graffitati, flanelle e gessati, laminature rettile su lane double, ricami di cristallo su grossi pullover, saccheggiato e reinterpretato da “lei”. Che porta la giacca maschile a mo ‘di robe manteau che poi diventa una giacca da smoking, lunga e sinuosa. Gorgeus George (titolo della cover di Time dedicata a Giorgio Armani) avvolge lui in cappottino degagè dai revers larghi e con martingala, che ricorda un po’ il vecchio cappotto tra il militare e quello di un aristocratico.

Le sfilate di Isaia, storico brand sartoriale napoletano molto apprezzato all’estero, sono excursus storici. L’anno scorso si è ispirato alle settecentesche porcellane borboniche della Real Fabbrica di Capodimonte, quest’anno alla Napoli sotterranea, un dedalo di ipogei e cunicoli, grotte dalle volte ciclopiche, condotti acquei, scavati con pazienza secolare, che durante il regno borbonico servivano anche come via di fuga. Napoli millenaria, lì sotto c’è perfino il teatro in cui Nerone nel 64 d.c esordì come attore. E il cimitero delle Fontanelle, ancora luogo di culto dove si può “adottare” un teschio delle anime pezzentelle, orfane, e pregare per loro. E visto che i tunnel/bunker durante la guerra venivano usati come rifugi anti/atomici Gianluca Isaia, terza generazione al solido timone dell’azienda, per la collezione si ispira alle divise militari, come la flying heavy jacket, provvista di utile zainetto pieghevole. E spiccano nell’oscurità del sepolcreto meneghino della Ca’ Granda i tessuti flu trattati in maniera tale da essere visibili anche al buio come le divise dei vigili.

Apri la zip e diventa un giaccone, poi via ancora un altro lembo e hai un gilet, Silvia Venturini Fendi punta su capi modulari che si frazionano a secondo dei cambiamenti climatici e da un capo ne nascono altri. Come il maxi giaccone in visone, sinonimo di durevolezza nel tempo, che diventa un blouson. Per l’autunno inverno 2020 SVF fa provare al suo uomo anche il brivido tutto femminile della gonna, declinandola in due varianti: una in fresco lana sotto al ginocchio, che inganna e sembra un pantalone a tre quarti a vita alta, l’altra invece si chiude a portafoglio.

Se ce le fossimo tenute… saremo state eco/friendly ante/litteram Invece di farci travolgere dall’ondata del pelo ultra/ecologico, ossia fatto di microplastica, praticamente indistruttibile. Simonetta Ravizza, brand storico di pelliccia pregiate, nel suo atelier di via Santo Spirito, frequentato dalla Milano arci/bien, apparecchia con Massimiliano Galletti una tavola festiva con mini pochette di pelo di montone e di coniglio ( tollerati perfino dagli “animalisti” in quanto commestibili). E pochette bicolore sia, color avorio e marrone, verde/acido e blu/cina, servite su piatti vintage parigini animalier. Su vassoi d’argento torroni croccanti e nocciolato mentre in un angolo un artigiano incide le iniziali delle clienti.

Testimonial di (primo) pelo: lo incrocio par hazard in mezzo alla strada. Avvolto da una nuvola di pelo di volpe argentata. Chiedo: “E’ ecologica?”. Andy Savini, 19 anni, fashionista, mi guarda di sottecchi, crede che io sia una fervente animalista. “E’ di mia zia. E’ vera. Basta con questa ipocrisia del pelo ecologico. E continuiamo a scippare invece dal guardaroba di madri e nonne”. Clemente Tivioli, figlio d’arte, figlio di Carlo ( e della scrittrice Milagros Branca) è un’esploratore urbano in cerca di meraviglie, oltre che stilista e sostenitore della pelliccia autentica : Non so voi ma io me l’aspetto la plastic tax anche sulla pelliccia eco/plasticosa, assai poco sostenibile”, la butta lì. Fur & colbacco, per festeggiare la notte più fredda dell’anno, così recita l’invito dell’influencer Lisa Osti che ha aperto la villa trecentesca di famiglia nel modenese. Lei per scelta ecologica non ha riscaldamento, ci pensa il vecchio camino scoppiettante e qualche bottiglia di barolo a riscaldare gli animi.

Pagina Facebook di Januaria Piromallo

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