Provocare la morte di 176 persone non può essere un ‘errore’. Non si commettono errori di questa portata, eppure l’Iran mentre aveva tutti gli occhi puntati è riuscito ad abbattere un volo di linea partito da Teheran. Un aereo in partenza poi, veramente difficile da capire e accettare. Proprio martedì 14 gennaio il Presidente Hassan Rohani in un suo discorso ha dichiarato che la magistratura del Paese dovrebbe creare un tribunale speciale per affrontare l’abbattimento del PS752.

Rohani ha definito il micidiale incidente aereo diretto in Ucraina come come un “evento tragico” ma anche un “errore imperdonabile”, impegnandosi a punire tutti coloro che sono coinvolti in questa vicenda. Qualche giorno fa per qualche ora era girata la notizia che due alti funzionari direttamente coinvolti nell’errore del PS752 avessero dato le proprie dimissioni, notizia poi rientrata. Ma le eventuali dimissioni di funzionari o le punizioni ai colpevoli non saranno sufficienti a placare il dolore e la rabbia del popolo iraniano, sceso per la strade a chiedere le dimissioni proprio della Guida Suprema, l’Ayatollah Khamenei.

Le immagini che arrivano ci mostrano giovani intenti a non mollare, determinati questa volta nel vedere un cambiamento all’interno del proprio paese. Qualcuno sta facendo passare queste proteste come esclusivamente fomentate dagli Stati Uniti. Solo chi non conosce l’Iran, i giovani e la mancanza di libertà che si vive da 40 anni nel paese può affermare una assurdità del genere. Che ora una parte della popolazione si senta fiancheggiata dall’America forse è vero, ma la complessità della popolazione iraniana non permette di definire – tantomeno quantificare – chi ancora sostiene il regime e chi invece vorrebbe farlo cadere.

Subito dopo la morte del Generale Soleimani, avvenuta nella notte tra il 2 e il 3 gennaio in Iraq con un attacco da parte degli Stati Uniti, si era pensato che una parte dell’Iran si fosse ricompattata. In parte era vero, una parte del paese si era sentita colpita profondamente da questa morte – dichiarata tra l’altro ‘illegale’ da Agnes Callamard, la relatrice speciale delle Nazioni Unite. Quel senso di identità e di appartenenza che sembrava lievemente essere riemerso, e quel grido di vendetta lanciato dalla Repubblica Islamica è crollato improvvisamente quando l’Iran ha ammesso di aver abbattuto per errore l’aereo PS752 diretto a Kiev. Grave dichiarazione avvenuta dopo 4 giorni in cui si era cercato in tutti i modi di depistare le indagini.

Ormai sono giorni che una parte del popolo iraniano è nelle strade a Teheran e chiede le dimissioni del regime, che ovviamente non cederà. Gridano “vergognatevi”, “il vero nemico non è l’America ma lo abbiamo qua in casa”. Arrivano immagini amatoriali in cui si vede la polizia reprimere la folla con la forza, usare gas e lacrimogeni. Sparano sulla folla. Inevitabilmente si arriverà ad un conflitto più serio che le autorità non avevano calcolato. Fino a quando potranno sparare sulla folla? Il presidente Trump in un tweet ha detto “…non uccidete i vostri manifestanti, il mondo e l’America soprattutto sta guardando”.

Avendo vissuto sulla mia pelle le proteste del 2009 e successivamente seguito seppur a distanza quelle dello scorso novembre 2019, in cui sono stati uccisi circa 1500 giovani, queste nuove proteste preoccupano non poco. Addirittura potrebbero essere superiori per adesione alle precedenti. Proprio su questo blog avevo anticipato che il lutto per la morte del Generale Soleimani sarebbe passato e la popolazione sarebbe tornata a mostrare il proprio dissenso verso un regime che ha pianto per tre giorni la morte di un uomo, ma che non ha concesso la sepoltura a molti dei manifestanti uccisi a novembre, scesi in strada a chiedere solo libertà.

Lo sbaglio dell’Iran in questo preciso momento storico non è solo aver abbattuto un aereo e non aver dichiarato nemmeno un giorno di lutto nazionale per quelle vittime, bensì non concedere al popolo la possibilità di esprimere il proprio malcontento. Questo porterà a una rabbia superiore, in cui ragazzi saranno pronti a morire pur di ottenere quello che gli spetta. La libertà non dovrebbe essere conquistata, ma un diritto acquisito di ogni essere umano. Se la Repubblica Islamica dell’Iran avesse concesso qualche libertà in più in questi 40 anni, forse oggi non dovrebbe sparare a vista sulla propria popolazione.

Temo che presto faremo il conteggio dei morti e dei feriti. Non posso pensare che l’Iran sia convinto di poter contare sul consenso di quei milioni di partecipanti al funerale di Soleimani. Perché l’Iran non è solo popolato da religiosi o fedeli alle ideologie khomeiniste, ma da molti più giovani e non, che in quelle convinzioni non si identificano.

Altrettanti milioni di giovani sono pronti questa volta, a mio avviso più delle altre, a scendere in strada e a non mollare, a vendicare in qualche modo anche loro le 176 vittime di quell’aereo erroneamente abbattuto. In tutto questo ‘noi’ spettatori silenti non possiamo solo star a guardare, ma anzi dobbiamo in fretta cercare una mediazione diplomatica tra il popolo e il regime. Quando si tratta di violazione dei diritti la vicenda riguarda tutti, stati democratici e persone di coscienza.

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