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Ingannare le aziende che si affidano agli influencer? Si può. Misterious Guy l’ha fatto: ecco com’è andata

In realtà non c'è stata nessuna truffa effettiva perché Federico Spinelli (che si fa chiamare Misterious Guy) non ha accettato una sola proposta, il suo era solo un esperimento. Ma di proposte gliene sono arrivate tante. “A Mysterious Guy hanno proposto orologi da polso, accessori per macchine fotografiche, cavalletti o luci e accessori tipo capellini, collane, anelli da uomo"

di Giulio Pasqui

Ingannare e “truffare” le aziende che si affidano agli influencer per fare pubblicità ai loro prodotti? È facilissimo. Ne sa qualcosa il 26enne Federico Spinelli, esperto di marketing che ha voluto fare un esperimento piuttosto curioso. Il ragazzo ha indossato una maschera verde a led e ha creato un account su Instagram chiamato Misterious Guy. “In tre mesi ho raccolto 90mila followers e mi sono state offerte collaborazioni per 3mila euro”, ha raccontato lui al settimanale Oggi.

Ma il suo sogno non era certo diventare un influencer di successo. Al contrario. “Un anno fa mi sono accorto che su Instagram tantissimi profili gonfiavano artificiosamente il numero di followers, i “like” e le visualizzazioni per poter essere presi in considerazione da aziende o agenzie di comunicazioni. Truccare questi numeri era ed è facilissimo tramite servizi on line che creano finti utenti in grado di interagire con un profilo. Insomma, si paga per avere un numero gonfiato rispetto alla realtà”. Così è nata l’idea di fingersi influencer e “gonfiare i propri numeri su Instagram per truffare le aziende”.

In realtà non c’è stata nessuna truffa effettiva perché Spinelli non ha accettato una sola proposta, il suo era solo un esperimento. Ma di proposte gliene sono arrivate tante. “A Mysterious Guy hanno proposto orologi da polso, accessori per macchine fotografiche, cavalletti o luci e accessori tipo capellini, collane, anelli da uomo. E, cosa che ci ha un po’ sconvolto, gioielli da donna”, ha dichiarato. La morale? Avere tanti followers sui social è un po’ come essere ricchi al Monopoli.

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