Altro trionfo della politica degli slogan. Boris Johnson vince le elezioni nel Regno Unito ripetendo un singolo mantra Get Brexit Done e concentrandosi su un singolo tema: la Brexit. Come Make America Great di Donald Trump dietro c’è ben poco, gli strateghi della vittoria consigliano infatti di tenersi il più possibile sul vago, di non entrare mai nello specifico – evitando così di essere criticati ed attaccati su proposte concrete -, di lasciare che l’immaginazione dell’elettorato riempia i grandi vuoti della politica. Vince anche lo stile da bulletto del quartierino, copiato di sana pianta da Trump, che però Johnson ha nel sangue, come dimenticare che quando faceva il giornalista si inventò di sana pianta una citazione e venne licenziato?

E come dimenticare, questa settimana, il sequestro del cellulare di un giornalista per non guardare la foto di un bambino malato, sdraiato su una pila di cappotti in un ospedale britannico per mancanza di letti che il giornalista voleva mostrargli? Avere empatia denota debolezza, altra regola per una vittoria sicura, il leader deve essere un uomo d’acciaio, un uomo forte.

Queste le regole della moderna democrazia, una democrazia composta da gente sempre più incapace di processare concetti complessi, isolata socialmente perché vive su Twitter, Instragram e conversa con amici e parenti su Facebook con frasi corte, semplici ed immagini e video del quotidiano.

Nonostante la schiacciante presenza dei laburisti sui social media, Jeremy Corbyn ed i suoi seguaci hanno condotto una campagna vecchio stampo, con tanto di programma dettagliato e proposte concrete. Errore ancora più grande offrire al popolo una seconda scelta, un nuovo referendum. I conservatori l’hanno usato abilmente come un jolly, ricordando alla gente il caos politico creato dal primo.

Persino i mercati finanziari, tradizionalmente cinici e poco sensibili alla propaganda, sono caduti nell’incantesimo della politica degli slogan. Una settimana prima del voto hanno reagito positivamente alle proiezioni di vittoria dei conservatori, dimenticando che Johnson dovrà negoziare centinaia di trattati in 12 mesi con un’Europa Unita che lo sta aspettando al varco e che se potrà non esiterà a vendicarsi. Non dimentichiamo che più schiacciante è la sua vittoria più pericolosa è la Brexit per la stabilità dell’Europa.

Johnson dovrà anche vedersela con Trump, una volta perso l’ombrello commerciale europeo non sarà facile negoziare accordi vantaggiosi con gli Stati Uniti, Trump tira l’acqua soltanto al suo mulino. A quel punto ne vedremo delle belle dal momento che Make American Great potrebbe entrare in rotta di collisione con Get Brexit Done

Ancora più preoccupante è la vittoria dello Scottish National Party (SNP) che fa presagire un ritorno delle pressioni per l’indipendenza scozzese, un nuovo referendum dunque. Adesso che la Brexit è una certezza il fronte indipendentista potrebbe facilmente vincere il referendum. Si profila all’orizzonte una rottura del Regno Unito? E’ quanto molti temono anche perché l’accordo preliminare con Bruxelles introduce nel mare d’Irlanda una frontiera interna, tra l’Irlanda del Nord e la Repubblica Irlandese ed il resto del paese.

C’è dunque poco da festeggiare, la certezza della vittoria dei conservatori è solo illusoria, domani si torna a vivere in un mondo globalizzato in fase di disgregazione, dove la libertà di movimento delle persone e delle merci diventa sempre più difficile, dove si erigono frontiere nuove e dove trionfano gli uomini d’acciaio senza cuore.

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