Poche cose sono davvero peggiori di essere costretti a spiegare una battuta: avvilisce chi l’ha fatta, deprime chi la spiega, svaluta chi non l’ha capita e soprattutto – reato, peccato, scandalo e che sia anatema, maledizione eterna – sopprime l’effetto della battuta. Poiché si deve parlare di ciò che si conosce: in particolare per i toscani una battuta è in ripetuti momenti della giornata molto più importante del babbo e della mamma. Per la proprietà transitiva, dunque, chi legge può capire la portata dell’errore del segretario della Lega Matteo Salvini.

Anziché occuparsi delle innumerevoli questioni su cui senz’altro un senatore della Repubblica avrà da lavorare – peraltro pagato in modo invidiabile -, l’ex ministro ha deciso di riprendere il mestiere di solito affidato ad altre mani più consapevoli, quello di pretoriano della religiosità cristiana, prendendo a pretesto l’ultima locandina del Vernacoliere, intoccabile presidio della democrazia sotto forma di satira. Anzi, di più: presidio di democrazia proprio perché satira. La presa per il culo – licenza poetica – è il principale strumento di lotta al potere, di smitizzazione dal basso del fenomeno di turno: lo strumento dissacratorio (sia inteso letteralmente) smantella il principale tra i peccati dei potenti di tutto il mondo: la presunzione. Come dicono quelli bravi: la hybris.

A parte molti secoli di storia a fare da manuale alto così di come si usa l’umorismo per tagliare le corna al potere, c’è anche la piccola ricetta che il presidente della Repubblica aveva individuato qualche tempo fa, mentre parlava ad alcune classi di studenti: “Perché – vedete – la storia insegna che l’esercizio del potere può provocare il rischio di fare inebriare, di perderne il senso del servizio e di fare invece acquisire il senso del dominio nell’esercizio del potere”. Il primo antidoto, disse, è personale: “Una capacità di autodisciplina, di senso del limite, del proprio limite come persona e come ruolo che si esercita, un senso di autocontrollo – e, ragazzi, anche, perché no – di autoironia che è sempre molto utile a tutti”.

Quando se ne è carenti, viceversa, il rischio è di passare per quello che non capisce o che, sì, magari fa finta: in ogni caso e qualsiasi sia la strategia, non proprio un figurone. Com’è molto facile capire a tutti – tranne a Salvini – la prima pagina del Vernacoliere, con il codice linguistico marcato che gli compete, non prende in giro la Madonna. Ma lui, Salvini. E se c’è qualcosa o qualcuno che quella copertina difende è proprio la santa madre di Gesù Cristo, strattonata giù a ripetizione durante i comizi in piazza – da Venegono Superiore ad Atripalda – ad opera proprio del segretario federale del primo partito politico, sia detto sempre pro tempore.

Il Vernacoliere ha sempre “usato” la religione – esattamente come tutto il resto delle attività umane – per sollevare paradossi. Ma non ne ha mai “abusato”, non ha mai fatto mai qualcosa contro la religione. Non è Charlie Hebdo. Di papa Benedetto XVI disse che c’aveva “la ghigna propio a tedesco” (la faccia), ma solo per dire che era meglio se era pisano “arméno si rideva un po’”.

Madonna trogolona titolò nel 1992: si vedeva il Papa con gli occhi fuori dalle orbite mentre vedeva un libro. La Madonna in questione era infatti la cantante all’epoca al massimo del suo fulgore estetico e non solo artistico che in quel periodo aveva posato non proprio da chierichetta in un volume fotografico che intitolarono Sex. Il Vernacoliere finì sotto inchiesta per vilipendio del pontefice, per avergli attribuito istinti sessuali. Un primo giudice archiviò, la Procura si intestardì e la Corte d’appello confermò l’assoluzione. La sentenza, ama ripetere il direttore del Vernacoliere Mario Cardinali, ha fatto scuola perché stabilisce che la satira è un esercizio fondamentale del diritto alla libera espressione del pensiero.

Salvini non fa mai ridere (volontariamente), l’ironia non è la sua forza. Ma un po’ di passaggio e senza dargli troppo peso ci si può limitare a dire che la presunta battaglia per la libertà di espressione a targhe alterne condotta dalla destra (che usa la scusa della lotta contro il polit.corr. per poterla dire sempre un po’ più grossa e un po’ più brutta) non è un granché se da una parte allarga le braccia ai fascisti di CasaPound e dall’altra usa una battuta contro di lui per additare gli irrispettosi.

Più importante, invece, è portare un pensiero per le vere vittime del Vernacoliere, prese di mira da vari decenni senza che si levasse una sola voce in loro difesa. Una vera e propria persecuzione – verbale, s’intende – nei confronti di chi non fu risparmiato nemmeno nel periodo più che complicato dell’esplosione di Chernobyl e degli omicidi del Mostro di Firenze, come da immagine allegata.

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