La musica che accompagna i braccianti di ieri e di oggi. Dalle canzoni delle campagne del mezzogiorno fino alla musica africana e reggae per denunciare il caporalato e raccontare le speranze delle persone che sono vittime di sfruttamento. L’Orchestra dei braccianti è un progetto di Terra! Onlus che porta la musica dei ghetti fuori dalle campagne, per denunciare le condizioni di vita dei braccianti.
“Cosa c’è dietro un barattolo di passata di pomodoro che costa 60 centesimi?”, chiede Alessandro Nosenzo, direttore artistico dell’Orchestra dei Braccianti, all’inizio del concerto che si è tenuto all’Auditorium Flog di Firenze, nel festival Musica dei Popoli, rassegna che si chiude oggi giovedì 28 novembre. La risposta è nelle storie dei componenti dell’orchestra, 16 musicisti che provengono da Italia, Francia, Gambia, Ghana, Nigeria, USA, India, Libia e Tunisia. Alcuni di loro lavorano ancora sotto caporale nei campi di Borgo Mezzanone (Foggia), come Ndongo, arrivato dal Gambia. Ci sono anche le storie di chi è riuscito a uscire dallo sfruttamento del caporalato, come Joshua, nigeriano che ha lasciato il suo paese tre anni fa, dove le persone albine subiscono discriminazioni e violenze, per arrivare in Italia a raccogliere olive, uva e meloni durante giornate lavorative di 8-12 ore, pagate 20-30 euro. Adesso vive nella zona dei Castelli Romani e lavora in un allevamento di cavalli, con un contratto regolare.
Secondo l’ultimo rapporto Agromafie e Caporalato dell’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai-Cgil ci sono oltre un milione di braccianti in Italia, il 28 percento dei quali sono migranti, dato al quale va sommato il lavoro sommerso. “Nessuno dovrebbe vivere la vita del ghetto”, conclude Joshua, “con la musica dobbiamo far conoscere fuori dal ghetto lo sfruttamento che si vive nelle campagne “.
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