Grandi manovre in Enel: entro il 2022, il colosso dell’energia ambisce ad ampliare la sua rete globale di colonnine di ricarica per auto elettriche fino a 736 mila punti di rifornimento, pubblici e privati. Un piano di espansione enorme se si considera che l’obiettivo infrastrutturale per il 2019 è di 82 mila unità. Pertanto, Enel è disposta a mettere sul piatto 1,1 miliardi di investimenti: cifra destinata a “l’implementazione in corso di servizi e infrastrutture a supporto della decarbonizzazione e dell’elettrificazione“.

Fa parte del piano anche lo sviluppo di piattaforme di gestione della mobilità elettrica e dei sistemi V2G (vehicle-to-grid), che consentiranno una dislocazione più efficiente dell’energia in base alle necessità. Ovviamente, tutto questo farà crescere i ricavi di Enel X, la divisione di Enel dedicata alla mobilità, dai 230 milioni di euro stimati per il 2019 a 536 milioni nel 2022. Giova ricordare che la compagnia fa parte del consorzio Ionity, creato in sinergia con BMW, Daimler, Ford e dalla Volkswagen per creare una rete di ricarica capillare in tutta Europa.

Notizie che arrivano nel giorno in cui Aci, Cnr e Enea, che hanno partecipato alla Conferenza del traffico e della circolazione, fanno sapere che l’Italia non raggiungerà l’obiettivo 2030 di ridurre a 49 milioni di tonnellate di CO2 equivalente le emissioni di gas serra derivanti dal settore automobilistico: infatti, in assenza di incentivi, difficilmente si riuscirà a stare sotto quota 54,5 milioni, l’11% in più rispetto a quanto preventivato.

Sempre che non si decida di incentivare la sostituzione dei mezzi più vecchi e inquinanti, pubblici e privati, e la mobilità pubblica, condivisa e ciclopedonale. Dai dati, infatti, emerge che quasi 14 milioni di auto sono ante euro 4 (il 35% del parco circolante) e gli autobus diesel Euro 3 rappresentano il 60% del parco autobus nazionale, che andrebbero sostituiti con vetture dal minore impatto ambientale o se non addirittura da modelli elettrici alimentati da energie rinnovabili. Lo studio sottolinea “il rilevante contributo che anche i veicoli ibridi, a metano e GPL potranno offrire al raggiungimento dei target ambientali”.

“È fondamentale favorire la diffusione della tecnologia di integrazione tra i veicoli e la rete elettrica e contemporaneamente creare una rete adeguata, con l’obiettivo rilanciare il settore coniugando gli interessi delle aziende e dei consumatori. Questo potrà offrirci un contributo per centrare gli ambiziosi obiettivi che intendiamo sostenere”. È quanto sostenuto dal ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, alla Conferenza.

“Si prevede infatti – scrive il ministro – che il comparto dei trasporti dia un contributo in termini di riduzione di emissione al 2030 rispetto al 2005 pari a circa 46 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti passando da 125 milioni di tonnellate di CO2 equivalente a 79 milioni al 2030. A questo obiettivo possiamo arrivare solo attivando diverse misure nazionali e locali, su cui stiamo già lavorando. È stato inoltre convocato il tavolo sul settore automotive al quale hanno partecipato i rappresentanti di oltre 50 associazioni aziende e sindacati”.

Tuttavia, lo studio Aci, Cnr e Enea mette in evidenza un dato di fatto: “con la diffusione dell‘auto elettrica e con i minori consumi legati al progresso dei motori, si ridurranno le entrate fiscali derivanti dalle accise sui carburanti che nel 2018 hanno generato – per le sole autovetture – entrate pari a 18,474 miliardi”. Ma appare ovvio che, quando i numeri del parco circolante elettrico saranno di massa, le accise arriveranno anche sull’elettricità destinata alla mobilità, facendo schizzare in alto la tariffe della corrente elettrica.

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