Una media di oltre 90 scadenze fiscali all’anno. Sette ogni mese, quando va bene. Dal versamento delle ritenute per i collaboratori alla liquidazione dell’Iva – che scatta ogni tre mesi – passando per la comunicazione delle fatture da e verso l’estero, il saldo dei contributi, la giungla delle aliquote Imu e quella delle detrazioni. Il tutto con il rischio di sanzioni in caso di errori. E attenzione, pagare un commercialista non risolve il problema: ogni volta che c’è da rispettare un adempimento occorre firmare una nuova delega. Per i lavoratori autonomi italiani – piccoli esercenti, imprenditori e professionisti – il nemico da battere si chiama burocrazia, gravata da leggi a volte contraddittorie e da paletti che si sono accavallati nel corso degli anni. Il che spiega la levata di scudi contro l’ennesima modifica delle regole che il governo giallorosso intende inserire in manovra. Secondo gli addetti ai lavori i paletti alla flat tax e le multe per chi non accetta pagamenti elettronici non affrontano il nodo di fondo. “Le misure attualmente allo studio non sono sufficienti per risolvere i problemi con cui cittadini e commercianti si scontano ogni giorno”, commenta Marco Cuchel, presidente dell’Associazione nazionale commercialisti. Con l’aiuto degli esperti, quindi, Ilfattoquotidiano.it ha provato ad individuare alcune aree di intervento, come la revisione dell’esterometro per ridurre gli adempimenti fiscali o l’introduzione di una delega unica per gli intermediari. Altrimenti, sottolinea il docente di diritto tributario alla Cattolica Marco Allena, “fare impresa nel nostro Paese sarà sempre più difficile”.

Quanti (e quali) sono gli adempimenti fiscali in Italia
Secondo le stime della Cgia di Mestre, confermate anche da alcune associazioni di categoria, artigiani e commercianti devono rispettare quasi 100 scadenze nel corso di un anno. Prendiamo il caso di un negozio di abbigliamento con 5 dipendenti. A partire da metà gennaio cominciano gli appuntamenti con l’Erario, dal versamento delle ritenute Irpef dei lavoratori all’invio all’Inps dei rispettivi dati contributivi e retributivi. Poi a febbraio si aggiungono la comunicazione all’Agenzia delle entrate della liquidazione dell’Iva relativa al quarto trimestre dell’anno precedente e i dati sulle fatture emesse o ricevute da aziende situate all’estero. A marzo la trasmissione delle certificazioni uniche relative ai redditi da lavoro dipendente e così via, per arrivare a dicembre a un totale di 88 adempimenti. Soglia che sale a 99 nel caso di società più grandi (ad esempio quelle con 50 dipendenti). Calendario alla mano, stare dietro a tutte le scadenze è un’impresa non da poco. Non è un caso, quindi, che nel report della Banca mondiale Doing business l’Italia sia al 118esimo posto in materia di facilità nel pagare delle tasse, molto indietro rispetto a Paesi meno avanzati del nostro come Ghana o Gibuti. I cittadini italiani, infatti impiegano in media 238 ore all’anno per fare i conti con il fisco. In sostanza si tratta di più di 9 giorni, necessari per comprendere tutte le norme, preparare i documenti e infine mettere mano al portafogli.

Esterometro e liquidazione dell’Iva: le soluzioni possibili
“Ridurre le scadenze fiscali dovrebbe essere l’obiettivo di ogni governo, ma finora non c’è stato alcun intervento concreto”, sottolinea il presidente Cuchel. A suo parere, una prima misura che permetterebbe di tagliarle sensibilmente riguarda il cosiddetto esterometro. “In pratica se un artigiano o un professionista emette o riceve delle fatture da e verso clienti che risiedono all’estero, dove magari non è prevista la fatturazione elettronica, è costretto a comunicarle ogni mese all’Agenzia delle entrate”, spiega. “Significa che solo per questo strumento sono previste 12 scadenze. Perché allora non ridurlo a una comunicazione annuale o quanto meno semestrale?”. Anche perché, in caso di ritardi, scattano le sanzioni. Scenario che si ripete per la liquidazione periodica dell’Iva. “Ogni tre mesi una srl deve dichiarare l’Iva relativa al trimestre precedente, ma con l’e-fattura lo Stato sa già in tempo reale a quanto ammonta quell’importo”, continua Cuchel. “Perché soffocare i piccoli commercianti di adempimenti che oggi sono diventati inutili? Anche perché la fatturazione elettronica era nata proprio con questo obiettivo: semplificare la vita ai lavoratori e permettere all’Erario di stanare subito chi commette le frodi”. A conti fatti, invece, la liquidazione dell’Iva si traduce in quattro scadenze ulteriori.

“Rivedere le regole dell’Imu”
“Un provvedimento che invece sarebbe rivoluzionario per tutti, dalle partite Iva alle famiglie, fino agli intermediari è la rivisitazione dell’Imu, la tassa sugli immobili”, continua il presidente dell’Associazione nazionale commercialisti. “In passato quest’imposta era semplicissima, mentre oggi è diventata letteralmente un incubo, perché ogni Comune d’Italia può adottare delle proprie delibere che ne modificano il funzionamento”. Un problema che riguarda soprattutto chi è proprietario di seconde case situate altrove rispetto alla propria residenza. “Non si può pretendere che ogni cittadino vada a controllare le regole previste dal proprio Comune e pure quelle in vigore dove possiede un’altra abitazione”, chiarisce Cuchel. “L’autonomia degli enti locali è legittima, ma bisognerebbe stabilire 4 o 5 casistiche a livello nazionale e magari lasciare ai Comuni la variazione delle aliquote da applicare”. In caso di errori nel dichiarare il proprio nucleo familiare o le caratteristiche dell’immobile, infatti, scattano le solite sanzioni. “In un corretto rapporto fra Stato e cittadini bisognerebbe considerare la buona fede”, conclude il presidente. “Invece negli ultimi anni non si è fatto altro che abbinare multe per chi commette banali errori formali, con l’unico obiettivo di fare cassa”.

“Introdurre la delega unica e le banche dati per gli intermediari”
La pensa allo stesso modo Andrea Ferrari, presidente di un’altra associazione di categoria dei commercialisti (l’Aidc), che vede proprio nelle complicazioni del fisco uno dei principali ostacoli all’attività imprenditoriale in Italia. “Pensiamo al caso della cosiddetta delega unica. Non è possibile che, quando un autonomo si affida a un commercialista o a un intermediario, debba avviare una nuova procedura di delega ogni volta che c’è da rispettare un adempimento fiscale”. Ad oggi, infatti, nell’ordinamento non è previsto che un imprenditore possa dare al suo incaricato di fiducia un mandato stabile nel tempo di rappresentanza. “È una follia che complica inutilmente le cose e basterebbe una norma di due righe per risolverla”, aggiunge Ferrari. Per non parlare dell’assenza di banche dati sul profilo tributario dei cittadini. “Se oggi volessi aprire una nuova società avrei bisogno di un notaio per fare l’atto costitutivo, di un commercialista e di una banca che apra il conto corrente. Tutti e tre, però in base alla normativa antiriciclaggio, dovrebbero fare delle verifiche sul mio conto per sapere se sono in regola con l’Erario”. In poche parole: tre verifiche separate, con tempi e modi diversi, ma sullo stesso soggetto.

“Semplificare le agevolazioni fiscali e renderle strutturali”
Un altro macro-settore che secondo gli esperti richiederebbe interventi più decisi rispetto a ciò che è stato fatto negli ultimi anni è quello delle agevolazioni fiscali, su cui anche il governo Conte 2 ha annunciato di voler mettere mano. “Tutti ne parlano, ma nessuno è mai riuscito a riordinare quella selva fatta di norme e burocrazia”, spiega Marco Allena, professore associato di diritto tributario alla facoltà di Economia dell’Università Cattolica di Piacenza. “Pensiamo ai bonus per le ristrutturazioni edilizie o di riqualificazione energetica: riguardano potenzialmente migliaia di cittadini ed esercenti, eppure ogni detrazione ha le sue aliquote e le sue scadenze. Molti vengono persino prorogati di anno in anno, con tutte le incertezze che ne conseguono”. A suo parere, quindi, non solo servirebbero dei tagli radicali, ma soprattutto un lavoro di semplificazione che permetta a tutti di sapere cosa può essere detratto dalle spese e secondo quali paletti. “Sicuramente non è un’azione che si riesce a fare in pochi mesi”, conclude Allena. “Ma dovrebbe essere in cima alle priorità di Palazzo Chigi in materia fiscale”.

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