Fino a qualche anno fa, l’80% della clientela della BMW Serie 1 credeva che l’auto avesse una convenzionale (ed economica) trazione anteriore. Pertanto, non stupisce che la marca bavarese, per fare la terza edizione della sua berlina compatta (è lunga 432 cm), abbia mandato in pensione la sofisticata meccanica a trazione posteriore e i nobili motori 6 cilindri in linea: erano in pochissimi ad apprezzarne realmente le doti, a fronte di costi di produzione molto elevati per il segmento di appartenenza, che ha seguito soprattutto in Europa.

I numeri dicono che quattro Serie 1 su cinque finiscono nel vecchio continente ed i suoi mercati principali sono, nell’ordine, Germania (25%), Regno Unito (22%), Italia (7%) e Francia (6%). A partire dal 2004, le due generazioni precedenti del modello sono state vendute in 2,5 milioni di unità, di cui 149 mila pezzi in Italia.

Numeri che il terzo atto della vettura bavarese aspira a onorare, forte della sua nuova piattaforma “tutta avanti”, condivisa con i modelli Mini, che potrebbe addirittura diventare il suo asso nella manica: anche in virtù di una lunghezza che cresce di 1,3 cm, ai clienti garantisce un bagagliaio più grande (380 litri, 20 in più rispetto al passato) e un abitacolo più spazioso, specie per chi siede dietro (a cui spettano 3,3 cm extra per le ginocchia); a BMW, invece, assicura margini di guadagno superiori. Ecco, quindi, che un potenziale scisma con l’utenza – ovvero l’abbandono del vecchio layout – diventa un punto di forza con vantaggi per costruttore e cliente. Perlomeno è questo che auspicano gli uomini del marketing BMW.

Non perdano la speranza i puristi della bella guida: la nuova Serie 1 non va affatto male. Certo, è un filo più “insipida” della sua progenitrice, ma lo sterzo ha una taratura che lo rende preciso e corposo, l’assetto risulta ben controllato (in opzione, ci sono quello sportivo ribassato di un centimetro o l’adattivo a controllo elettronico) e gli inserimenti dell’avantreno sono repentini e puntuali, seguiti da un retrotreno, con schema multilink, fedele e sincero. Ne risulta una dinamica di marcia che infonde sicurezza, garantisce tanta stabilità – specie nelle versioni a quattro ruote motrici – e che presta il fianco a poche critiche, da palati fini a dire il vero.

Il merito di tutto questo è anche dell’elettronica, che gestisce accuratamente la coppia erogata dall’unità motrice alle ruote anteriori, limitando al minimo il sottosterzo, lo spauracchio di chi ama le auto dall’handling genuino. Va specificato che questo software non è un’estensione dell’Esp – che, peraltro, sulla Serie 1 non è disinseribile – e non agisce frenando la ruota interna alla curva, come avviene su molti sistemi della concorrenza: rispetto a questi ultimi la sua risposta è tre volte più veloce.

I motori turbo a tre e quattro cilindri (questi ultimi si riconoscono per la presenza di due terminali di scarico anziché uno), alimentati a benzina o gasolio, hanno cubature comprese fra 1,5 e 2 litri, con potenze dai 116 della 116d ai 306 Cv dell’emozionale versione M135i xDrive, completa di differenziale autobloccante meccanico Torsen e sedili foderati in Alcantara con poggiatesta integrato. Le edizioni più prestanti sono accoppiate a trasmissione 4×4 con cambio automatico, che asseconda alla perfezione il lavoro svolto dai propulsori. Al momento, però, non sono previste motorizzazioni elettrificate.

L’abitacolo, ben rifinito e ispirato a quello della più grande Serie 3, prevede cruscotto digitale e infotainment a controllo vocale, entrambi con schermo da 10,25”: a richiesta è disponibile l’head-up display, che proietta le principali informazioni di guida sul parabrezza, nel campo visivo del driver. Funziona tutto piuttosto bene, con clima e radio che si adattano ai programmi di guida o allo stato psicofisico del guidatore.

I prezzi, come intuibile, non sono a buon mercato: partono da 28.800 euro della 116d per arrivare ai 47 mila della M135i xDrive. Tutti gli allestimenti includono assistente di corsia attivo, che corregge autonomamente la traiettoria dell’auto in caso di necessità, e frenata automatica d’emergenza con riconoscimento pedone.

Articolo Precedente

Audi A6 Allroad, la prova de Il Fatto.it – Fuoristrada o asfalto, è sempre divertimento – FOTO

next
Articolo Successivo

Renault Captur, la prova de Il Fatto.it – City suv alla francese, atto secondo – FOTO

next