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Il singhiozzo mi ha fatto diventare ateo

Il singhiozzo mi ha fatto diventare ateo
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Per me Dio è stupefacente, direi incredibile. Incredibile, appunto. Non ci credo. E mi spiace tantissimo non crederci. Rinunciare all’assurdo mi fa sentire un ragioniere. La vita non è assurda senza Dio, è proprio il contrario: diventa assurda se postuliamo l’esistenza di Dio. Alcuni rinunciano a Dio perché i bambini soffrono e questo lo trovano inaccettabile; io ho rinunciato a Dio per un singhiozzo.

E lo trovo ugualmente inaccettabile, ma è così. Non posso più credere in Dio da quando ho scoperto che esiste il singhiozzo cronico, una rara forma di singhiozzo; ma esiste e persiste. E chi ne soffre, rischia di singhiozzare per tutta la vita.

Ho immaginato di avere un attacco di singhiozzo, hic, ho immaginato di trattenere il fiato per 30 secondi, hic, un rimedio letto nel Manuale delle giovani marmotte, e hic, ho immaginato che il singhiozzo restasse, hic. Un altro “rimedio della nonna” era quello di prendersi uno spavento, così ho immaginato di spaventarmi a morte, ma hic, niente da fare. E allora ho immaginato di andare da uno specialista e hic, ho immaginato la diagnosi: Signor Farina, lei è affetto da una rara forma di singhiozzo cronico, dovrà imparare a conviverci.

Hic. Convivere con un singhiozzo infinito? Ho immaginato di baciare la mia donna con il singhiozzo, hic. Ho immaginato di fare l’amore col singhiozzo, hic, e alla fine ho immaginato di suicidarmi, di gettarmi dalla finestra, di dire addio a tutto, anche al singhiozzo. Hic. Forse sono troppo tragico? L’uomo si abitua a tutto o quasi. Mi sono abituato all’acufene, mi fischiano le orecchie e la notte è tremendo, è come avere una caffettiera nel cervello che fischia. Ma un singhiozzo perenne no, signori miei, non credo che potrei mai conviverci, deve essere terribile: una tragedia beffarda.

Mi viene da piangere al solo pensiero, anzi: da singhiozzare. Una notte ho fatto un incubo stranissimo, ho sognato di avere due sederi e nell’incubo non sapevo mai con che sedere sedermi sulle poltrone. Buffo, ma alla fine il mio inconscio aveva accettato questo amletismo da fondoschiena: sedersi o non sedersi? Questo è il dilemma. E soprattutto: con quale culo? Potrei accettare di avere due culi, forse, ma il singhiozzo cronico no. Un piccolo disturbo che si trasforma in un mostro feroce, in una letale ripetizione; c’è qualcosa di più terribile?

August Strindberg diceva che la vita è un lugubre scherzo: mi sono sempre ribellato a questo pessimismo, ma dopo che ho scoperto il singhiozzo cronico non posso che dare ragione al drammaturgo svedese: il singhiozzo cronico è un lugubre scherzo. Hic. Dio, perdonami. Hic. Ti ho abbandonato sulle rive delle speranza. Hic. E per un singhiozzo. La speranza non è l’ultima a morire: è il singhiozzo. E per me la vita non ha più senso, anche se solo una persona ne ha sofferto nel corso della storia dell’umanità.

Ripensandoci, all’inizio del pezzo ho scritto che è l’idea di Dio a rendere la vita assurda e senza senso. Quindi torno a credere, a credere in Dio e nel singhiozzo eterno. Hic. Non c’è speranza: con Dio o senza Dio, mi sembra tutto così assurdo, e nello stesso tempo così ragionevole. La vita è folle. Hic.

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