“Non riesco a immaginare quale sia l’umore di Mattarella, costretto a benedire questa porcata. Lasciamo a Conte il suo zoo pieno di terroni e ostile al Nord che li mantiene tutti”. Lo stralcio, naturalmente, è di un recente editoriale del “direttore” di Libero Vittorio Feltri.

Se un’esortazione si può fare al nuovo governo in carica è quella di mitigare il livello di odio che viene fomentato ogni giorno non solo dalle colonne di Libero. Se quotidianamente queste testate gettano fango sul meridione, qualcuno – oltre al loro sparuto gruppo di lettori – finirà per crederci, per legittimare comportamenti razzisti perché è di razzismo che stiamo parlando.

Non lotta politica, che spesso è aspra, dura e anche volgare alla quale siamo ormai abituati e, purtroppo, assuefatti, ma offesa, ingiuria, pretesa supremazia del Nord sul Sud. Teorie di pancia, che qualche tempo fa ad Omnibus, nota trasmissione televisiva su La7, sono suonate persino come superiorità etnica. Non dimentico le parole del direttore responsabile di Libero, Pietro Senaldi, il quale, durante una discussione sull’autonomia regionale, ha detto: “I veneti hanno un ceppo diverso da quello italiano. La faccia di Zaia non la trovi in Calabria”.

Perché collegando l’affermazione di Senaldi con quelle di Feltri, lassù sono esseri umani e noi in “Terronia” poco più che “animali” da giardino zoologico. Attenzione, non bisogna credere che dietro queste parole non ci sia un disegno preciso, perché legittimati da questa “ideologia suprematista” qualcosa iniziava a cambiare davvero.

Notizia dell’inizio di quest’anno è che in alcune Asl – in Trentino (Bolzano) e in Veneto – su un questionario per una visita di neuropsichiatria infantile doveva essere certificato dai genitori il gruppo etnico o la “razza” di appartenenza. Che già solo la parola “razza” in questo contesto mette i brividi.

Per aggiornare Feltri e compagnia sulle “ultime” teorie evoluzioniste bisogna mandargli – ma probabilmente lo hanno già sul comodino – un bel saggio di Cesare Lombroso (1835 – 1909), il quale teorizzò il “criminale per nascita”, con un occhio attento proprio ai crani dei banditi del Sud che collezionava nel suo museo di antropologia criminale. Meglio nello zoo di Feltri o nel museo di Lombroso?

Di peggio c’è che nessuno ormai s’indigna, né protesta. “Faremmo il gioco di Feltri e compagnia, gli si darebbe solo visibilità” dice un mio amico sui social dove, invece, qualcosa sul tema rimbalza. Sì, ma il silenzio alla lunga è complice, diventa assuefazione, mollezza.

Non dobbiamo più consentire qualunque tipo di linguaggio che fomenti odio, diversità, razzismo perché corrode i nostri principi anche costituzionali, genera precedenti pericolosi, realizza forme di aggregazione, che oggi purtroppo sono più facili grazie ai social dove un lombrosiano di Vattelappesca si sente facilmente legittimato con una decina di like.

Ribadiamo: non si tratta qui di far politica, perché l’etichetta a questo pezzo è facile da immaginare, ma bisogna tener forti le nostre fondamenta come uomini e come italiani.

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