La nostra è una Repubblica parlamentare: ce lo siamo sentiti ripetere, e ce lo siamo ripetuti, all’infinito nei giorni della crisi ai primi di agosto, quando Matteo Salvini tentava di imporre l’agenda istituzionale urlando nelle piazze “subito al voto”. Vuol dire accettare quello che la nostra Costituzione sancisce. E l’articolo 92 parla chiaro: “Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri.”

Conosco bene la Costituzione, l’ho sventolata sotto il naso di Silvio Berlusconi con milioni di cittadini all’epoca dei grandi movimenti di piazza dei Girotondi e del Popolo Viola. Ma ho voluto rileggerla, nel caso mi fosse sfuggito qualcosa. Eh, nulla.

Nella nostra bella carta non si parla di piattaforma Rousseau. Quindi i casi sono due: o Luigi Di Maio, da vicepremier e pluriministro del governo ancora in carica, non l’ha letta, oppure quando scrive sul Blog delle Stelle che gli iscritti del Movimento 5 stelle, “alla fine del percorso” ed “entro la prossima settimana”, si esprimeranno sulla piattaforma Rousseau per dare il via libera o meno al progetto del governo giallorosso, lo fa solo per mettere a tacere i dissidenti interni del M5s che stanno criticando questo accordo.

O per trovare un pretesto per far saltare l’accordo stesso, ben sapendo che Sergio Mattarella non potrà mai accettare di aspettare, la settimana prossima, la consultazione online. Tra l’altro la cosa sta sollevando un coro di proteste tra alcuni degli stessi parlamentari grillini, anche perché di questa idea ieri, nella loro assemblea, non se ne era parlato. Alla faccia dell’intelligenza collettiva.

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La cosa molto chiara è che nessuna piattaforma privata, tenuta e controllata da una società privata che niente ha a che vedere con le nostre istituzioni, può interferire con l’iter istituzionale di una crisi di Governo. Il M5s avrebbe potuto tranquillamente utilizzare la sua piattaforma i giorni scorsi, mentre discuteva con il Pd della cosa, magari chiedendo suggerimenti, indicazioni programmatiche, un voto sui dieci punti presentati al tavolo delle trattative, un chiarimento se fosse utile tentare, ahimè, di ricucire con la Lega, provare con il Pd o andare al voto. Ma nulla di tutto questo è stato fatto.

Quindi è inaccettabile, irrispettoso e irricevibile che al presidente della Repubblica Mattarella oggi la delegazione del M5s possa dire che la sua decisione è sub iudice in attesa del voto, la settimana prossima, sulla piattaforma Casaleggio Rousseau.

Alle 19 la delegazione Cinque stelle dovrà dire se l’accordo con il Pd c’è o no. In caso contrario, giustamente, il presidente della Repubblica non potrà dare l’incarico a Giuseppe Conte, ma lo darà a un tecnico, per portare il Paese alle elezioni in autunno. Con buona pace degli azionisti della Casaleggio & associati.

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