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Scovato il buco nero più distante mai osservato grazie al telescopio Chandra della Nasa

È "una scoperta sensazionale, frutto di anni di ricerca condotta dal nostro gruppo e resa possibile dalla capacità osservative di Chandra", osserva uno degli autori della ricerca, Cristian Vignali dell’Università di Bologna
Scovato il buco nero più distante mai osservato grazie al telescopio Chandra della Nasa
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In una sorta di “nascondino cosmico”, non è riuscito a sfuggire a uno dei più potenti telescopi spaziali il buco nero più antico e inafferrabile perché oscurato da una densa cortina di nubi di gas. Lo ha scoperto il telescopio a raggi X Chandra, della Nasa, i cui dati – come riporta l’Ansa – sono stati analizzati dalla ricerca internazionale coordinata dal gruppo della Pontificia Università Cattolica del Cile guidato da Fabio Vito. Alla ricerca, pubblicata sulla rivista Astronomy &Astrophysics, ha contribuito l’Italia, con l’Osservatorio di Bologna dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) e il dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Bologna.

Il buco nero è un quasar, ossia un buco nero supermassiccio estremamente luminoso, e si è formato ‘appena’ 850 milioni di anni dopo il Big Bang (è quindi giovanissimo, considerando che l’universo ha 13,5 miliardi di anni) ed la nube di gas che lo avvolge ne starebbe alimentando la crescita. Non è ancora possibile stabilire se si tratta del quasar già noto chiamato PSO 167-13, o di un quasar ancora sconosciuto. In entrambi i casi si tratterebbe del buco nero nascosto più distante mai osservato.

È “una scoperta sensazionale, frutto di anni di ricerca condotta dal nostro gruppo e resa possibile dalla capacità osservative di Chandra“, osserva uno degli autori della ricerca, Cristian Vignali dell’Università di Bologna. “Individuare altri quasar fortemente oscurati simili a PSO 167-13 in un’epoca in cui l’Universo è ancora molto giovane sarà uno degli obiettivi principali dell’astrofisica dei prossimi anni”.

Comincia una caccia affascinante perché, ha detto un altro autore della ricerca, Roberto Gilli, dell’Inaf, “sospettiamo che la maggior parte dei buchi neri supermassicci nell’universo primordiale siano nascosti, proprio come quello che abbiamo individuato”. Riuscire a trovarli e a studiali, ha osservato, “potrà permetterci di capire in che modo i primi buchi neri riescano a crescere tanto rapidamente, fino a raggiungere masse pari a miliardi di volte quella del Sole“.

Lo studio Astronomy &Astrophysics

Credit: X-ray: NASA/CXO/Ponticifca Catholic Univ. of Chile/F. Vito;
Radio: ALMA (ESO/NAOJ/NRAO); Optical: Pan-STARRS

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