Nel pieno della protesta del Kashmir indiano, tra blackout, isolamento e arresti, un manifestante è morto dopo essere stato inseguito dalla polizia durante il coprifuoco. Secondo quanto riferito dai media locali, il ragazzo, inseguito dalle forze di sicurezza, è saltato in un fiume della città di Srinagar ed è annegato. È il primo decesso confermato da quando, lunedì, il governo nazionalista indù del primo ministro Narendra Modi ha revocato con decreto presidenziale l’autonomia costituzionale della regione dell’Himalaya contesa da India e Pakistan. Almeno altri sei manifestanti sono stati ricoverati in ospedale, alcuni dei quali con ferite da arma da fuoco.

Aumentano, intanto, gli arresti: oltre cento tra esponenti di diversi partiti politici e attivisti kashmiri sono agli arresti nella valle del Kashmir. Il quotidiano The Hindu scrive sul suo sito online che la notizia viene da un funzionario dell’amministrazione locale, che non ha dato ulteriori informazioni sull’identità di tutti i fermati. L’ex governatrice dello stato Mehbooba Mufti e Omar Abdullah, agli arresti domiciliari da domenica notte, sarebbero stati trasferiti lunedì sera, assieme a Sajjad Lone e Imran Ansari, i due leader del partito Jammu and Kashmir Peoplès Conference, nel palazzo Hari Niwas, una residenza storica nel cuore della capitale. Il mandato d’arresto nei loro confronti è stato firmato da magistrati locali, per impedire possibili iniziative “per disturbare la pace e la tranquillità nella Valle del Kashmir.

In evoluzione anche la posizione del Pakistan, che aveva fatto sapere che non permetterà che il Kashmir indiano venga privato delle sue prerogative, anche a costo di scatenare una nuova guerra: mercoledì lo Stato ha deciso di ridimensionare le relazioni diplomatiche con l’India e di sospendere le relazioni commerciali bilaterali. La decisione è stata presa dopo un incontro della Commissione per la sicurezza nazionale pachistana, l’organismo che decide sulle principali questioni strategiche che riguardano il Paese. Il Pakistan ha poi annunciato che espellerà l’inviato diplomatico indiano nel Paese e richiamerà l’ambasciatore pachistano a Nuova Delhi: “I nostri ambasciatori non saranno più a Nuova Delhi e anche i loro omologhi qui saranno rimandati indietro”, ha dichiarato il ministro degli Esteri Shah Mahmood Qureshi parlando al canale televisivo Ary News.

Da quando il governo ha annunciato la cancellazione dell’autonomia dello Stato, garantita dal 1947 dalla Costituzione indiana e ribadita da una risoluzione dell’Onu del 1948, l’intera valle è isolata dal resto del Paese, con tutte le comunicazioni sospese, tranne quelle satellitari. Un rigido coprifuoco paralizza da due giorni la vita quotidiana, con uffici pubblici, scuole e ospedali chiusi, le attività private sono sospese, mentre decine di migliaia di soldati delle forze speciali di sicurezza presidiano ogni angolo: la settimana scorsa erano stati inviati nella regione 50mila nuovi uomini delle forze speciali, in aggiunta ai 600mila già presenti.

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