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Miti e scienza, forse quel che c’è stato prima della tecnologia non è tutto da buttare

Miti e scienza, forse quel che c’è stato prima della tecnologia non è tutto da buttare
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Ne sappiamo davvero di più degli antichi sui misteri della vita e della morte? Se lo chiedete a un qualsiasi occidentale probabilmente vi risponderà che “sì, la scienza ci ha rivelato segreti che prima non potevamo conoscere, e che tutto quello che è venuto prima della scienza erano solo sciocche superstizioni”. La scienza e l’antica mitologia indagavano gli stessi segreti, quelli del cosmo e dell’essere umano, con armi molto diverse. Non è detto che quello che c’è stato prima della tecnologia sia tutto da buttare, anzi forse ci siamo persi qualcosa per strada, con l’ansia di seguire il progresso con una totale “fede nella scienza” che ha sostituito la “fede nel mistero”.

Il filosofo della scienza israeliano Oren Harman ne è convinto e in Evoluzioni (Codice edizioni, trad. Davide Fassio) scrive “Cosa sono i miti? Agli occhi del filosofo, i miti sono allegorie di verità filosofiche, mentre per lo storico sono una rielaborazione di fatti storici. Per lo psicologo riflettono le nostre paure più profonde e per il poeta una fonte di ispirazione. I miti sono storie che parlano di un lontanissimo passato o di un futuro immaginario, e che ci accompagnano per tutta l’esistenza come compagni fedeli ma misteriosi. Ci aiutano a orientarci e tentano di rassicurarci, ma evocano verità che superano la nostra comprensione”. Sono racconti il cui significato può variare di persona in persona, epoca dopo epoca. Sallustio parlando dei miti scrisse che “queste storie non avvennero mai, ma sono sempre”.

La strada per conoscere il mondo dettata da Zeus e Cristo è stata abbandonata nel momento in cui uomini come Galilei, Mendel e Darwin hanno iniziato a mettere in crisi quel sistema di valori morali e quel tipo di narrazione del reale. Se la scienza moderna ci spiega perfettamente come si diffondono le malattie e come curarle, come prevedere l’arrivo della pioggia (più o meno) e come mandare un uomo sulla Luna, diventa più complicato dare risposte esistenziali tramite la scienza.

Perché ci innamoriamo? Certamente c’è un aumento di dopamina, noradrenalina e feniletilamina nell’organismo, ma è evidente a tutti che questa, per essendo una definizione tecnicamente corretta, non sia una risposta soddisfacente. Oppure ancora di più domande come “perché esistiamo?”. Nessuno di noi può arrendersi all’idea che la nostra esistenza sia solo una voce del Pil o un dato demografico dell’Istat. A queste domande la scienza non può dare risposte perché non sono domande che hanno a che fare con il razionale. L’amore non è ripetibile come un esperimento, l’esistenza non si può ridurre al rapporto di causa ed effetto.

Eppure anche la scienza ha, inconsapevolmente, ripreso alcune formule del racconto mitologico. Secondo Oren Harman molte teorie scientifiche hanno caratteristiche di moderni miti, se pensiamo ad esempio al Big Bang e all’universo a stringhe, ci rendiamo conto che non sono meno affascinanti dei miti della creazione o di Kronos e Chaos, e anche questi, seppur scientifici, possono aprire orizzonti filosofici, psicologici e poetici molto interessanti. Forse il passaggio tra mito e scienza non è stato così radicale come pensiamo.

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