Nel giorno in cui scade il termine ultimo per votare il successore di Theresa May tra gli iscritti Tory, Boris Johnson sembra ormai sulla soglia di Downing Street. Ma la sua sempre più probabile nomina a nuovo primo ministro britannico, colui che dovrà chiudere definitivamente il dossier Brexit, dopo i ripetuti fallimenti della premier uscente, continua a mietere vittime. Dopo che domenica il Cancelliere dello scacchiere britannico (ministro delle Finanze), Philip Hammond, ha annunciato le proprie dimissioni in caso di nomina di Johnson, anche il ministro per l’Europa, Alan Duncan, ha deciso di fare un passo indietro nella mattinata di lunedì.

Alle 17 inglesi di lunedì scade il termine per il voto postale dei 160.000 iscritti al Partito Conservatore che sono chiamati a scegliere tra il falco Johnson e il più moderato Jeremy Hunt chi dovrà succedere a Theresa May come capo del partito e, quindi, alla guida del governo. Il successore potrebbe già essere stato deciso, visto che la grande maggioranza degli aventi diritto ha già espresso da giorni la propria preferenza. E tutti sono pronti a scommettere che sia l’ex ministro degli Esteri britannico, proprio sotto il mandato di May, il vincitore annunciato.

Lo crede anche lui, probabilmente, visto che lunedì, nel suo contributo settimanale sul Daily Telegraph si è lasciato andare in un invito al popolo britannico a vivere la Brexit con “il senso di una missione”, non risparmiando critiche ai “pessimisti” che non credono alla possibilità di ridiscutere un nuovo accordo di divorzio dall’Ue “ripulito” dalla parte sul backstop sul confine irlandese. Un obiettivo che Johnson reputa raggiungibile, visto che venerdì la Cancelliera tedesca, Angela Merkel, ha dichiarato che il backstop potrà essere “riscritto” se si trova una soluzione nella dichiarazione politica di divorzio della Gran Bretagna dall’Ue. “Se Londra ha bisogno di più tempo, von der Leyen lo concederebbe”, aveva detto Merkel spiegando che dipenderà dalla “direzione di marcia” che il nuovo premier britannico prenderà nei confronti di Bruxelles.

In questo senso, è possibile che Johnson non metta immediatamente sul tavolo l’opzione no deal che terrorizza l’ala moderata dei Tory, oltre che gran parte delle opposizioni oltre La Manica, e indispettisce i negoziatori europei. A tal proposito, sempre secondo quanto riporta il Daily Telegraph, Johnson, una volta entrato in carica, starebbe pensando di invitare già dal prossimo weekend  nella residenza di campagna di governo di Chequers i leader europei per intavolare una discussione costruttiva in materia di Brexit.

Sarebbe questa, salvo prese di posizioni decise e irremovibili da parte di Bruxelles, la strada più semplice da percorrere anche internamente, visto che sia all’interno dei Conservatori che tra le opposizioni, l’idea di un’uscita senza accordo ha generato un fronte anti-Johnson che è pronto a dichiarare guerra all’ex ministro degli Esteri. “Non potrei mai accettare il no-deal”, ha dichiarato domenica Hammond a proposito delle dichiarazioni di Johnson sulla necessità che il 31 ottobre la Gran Bretagna lasci l’Ue “con o senza un accordo” e annunciando, così, le sue dimissioni in caso di nomina di Johnson come nuovo primo ministro: “È importante che il futuro premier e il suo cancelliere siano molto in sintonia sulla Brexit”, ha concluso.

Annuncio a cui è seguito quello di Duncan: “È tragico – si legge nella lettera di dimissioni del ministro – che quando avremmo potuto esercitare un dominio intellettuale e politico in Europa e oltre, si sia dovuto spendere ogni giorno lavorando sotto la nuvola nera della Brexit”.

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