Alta tensione tra Lega e Movimento 5 Stelle che martedì si sono spaccati sul voto al Parlamento europeo che ha portato Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione. Tra i due alleati di governo si sono susseguiti per tutta la giornata attacchi incrociati con lo stesso contenuto: entrambi i partiti giudicano un tradimento il voto dell’altra forza politica. Senza i 14 sì dei 5 Stelle la ex ministra tedesca non sarebbe stata eletta, visto che il via libera è stato di misura con appena 383 voti, 9 in più rispetto alla maggioranza richiesta. E ora l’attenzione si sposta tutta sulla scelta del commissario italiano. Il voto di ieri rischia di complicare le trattative del premier Giuseppe Conte, che nei giorni scorsi aveva rivendicato per l’Italia un commissario pesante e una vicepresidenza della commissione. E si allontana l’ipotesi di candidare per la poltrona della Concorrenza il leghista Giancarlo Giorgetti.

“Abbiamo visto una presidente della Commissione europea indicata dalla Merkel e sostenuta da Macron, Renzi e Berlusconi e dai 5 stelle, sbilanciatissima a sinistra sul alcuni temi come la crescita economica, il controllo dei confini, siamo preoccupati”, ha detto Matteo Salvini. E in serata fonti leghiste hanno rincarato, accusando gli alleati di governo di “tradimento” e di aver “sabotato” le istanze di cambiamento solo per “barattare” poltrone.

5 Stelle respingono gli attacchi e in un post su Facebook dal titolo “la verità sulla von der Leyen, votata anche dai sovranisti” scrivono: “Dovete sapere che c’era un accordo. Ma questo la Lega non ve lo dirà mai. L’accordo era che anche i cosiddetti ‘sovranisti‘, lontani dai partiti tradizionali, la votassero, sapendo che la ‘sua’ maggioranza non esisteva e in questo modo avremmo potuto condizionare ogni decisione futura in Europa. Tanto che gli stessi Paesi di Visegrad alleati della Lega hanno votato la Von der Leyen. Tutti erano d’accordo, con tanto di dichiarazioni pubbliche. Poi la Lega, all’ultimo secondo, ha deciso di sfilarsi. Perché…? Forse solo per attaccare pubblicamente il M5S. Contenti loro, contenti tutti! Pur di colpire noi, la Lega ha scelto di condannarsi all’irrilevanza”, si legge nel post.

“Mentre fanno finta di smarcarsi dalla von der Leyen – prosegue punto il post dei 5 Stelle -, ora chiedono che venga nominato un leghista come suo vice. Avete capito bene: il vice presidente della Commissione vorrebbero fosse un leghista. Ma a questo punto, se questi sono i brutti e cattivi, lo sono sempre. Abbiano coerenza almeno in questo”. Il nome più accreditato per il ruolo di commissario è quello di Giancarlo Giorgetti, ma oggi Salvini precisa: “Abbiamo più di una soluzione. Abbiamo idee, donne e uomini di valore”. Del resto la designazione del sottosegretario alla presidenza del Consiglio viene ormai considerata una ‘mission impossible’ in ambienti di governo. Tra il voto contrario alla neo presidente della Commissione, il caso dei presunti finanziamenti russi e la sintonia manifesta con Alternative fur Deutschland, la posizione di Salvini perde forza in Europa: “Ora dovrà negoziare il nome con Conte e Di Maio, ed è possibile che si faccia strada quello di un tecnico“, spiegano da Strasburgo.

Il sostegno promesso e ritirato dai sovranisti – I Visegrad avevano dato il loro sostegno a von der Leyen fin da quando il suo nome era stato formalizzato al termine del Consiglio. E appena ieri mattina su La Stampa il leghista Marco Zanni, capogruppo di Identità e democrazia (Id), aveva dichiarato il voto favorevole del Carroccio, salvo poi ritrattare le pomeriggio nonostante anche Salvini avesse reputato “interessanti” i punti toccati dalla candidata davanti all’Aula, specialmente quelli che riguardavano la lotta all’immigrazione clandestina. E anche l’eurodeputato Ignazio Corrao ribadisce i termini dell’accordo: la Lega “faceva parte di un accordo dei cosiddetti sovranisti con il Partito Popolare Europeo“, ma questo “meraviglioso matrimonio è andato storto e lo si è capito già quando li hanno tagliati fuori da tutti i ruoli in parlamento“. Il partito di Salvini, prosegue, “aveva chiesto al Ppe sostegno sulla nomina del commissario italiano leghista (come vice della Von der Leyen che ora, in modo molto coerente, demonizzano) e questa certezza di sostegno da parte del Ppe non le è stata data. Quindi avanti con la reazione isterica, che altro non è – per chi sa leggere – che una pubblica ammissione di fallimento ed irrilevanza politica”.

Di tutt’altro avviso gli europarlamentari leghisti: “La nostra scelta – spiega Matteo Adinolfi – era motivata dalla assenza di cambiamento che abbiamo riscontrato nei contenuti e nelle proposte fatte dalla candidata. Non avremmo mai dato il nostro voto a favore di programmi troppo spostati a sinistra che sono, peraltro, lo specchio di quelli che abbiamo già visto nella scorsa legislatura e che hanno penalizzato lavoratori e piccoli imprenditori a scapito della grandi multinazionali”.

La partita del commissario – La von der Leyen chiederà a tutte le cancellerie di presentare due candidature per i commissari, di cui una dovrà essere donna. Dalle indiscrezioni emerge anche il nome di Giulia Bongiorno. Ma la trattativa, spiega Zanni, “è un tema di negoziazione all’interno del governo, dal quale sto volentieri fuori. Ancora non c’è un nome: decideranno Conte, Di Maio e Salvini tenendo ovviamente in considerazione il risultato delle europee. Noi come Lega – sottolinea – non siamo interessati ad una poltrona in sé, anche se prestigiosa”. “Siamo interessati – continua – alla possibilità di portare avanti delle linee programmatiche: se dovessero darci un posto per fare delle cose che non ci piacciono o che sono contro l’interesse italiano non siamo interessati”. Il commissario quindi, prosegue, “potrebbe essere anche un leghista, ma non smaniamo per avere una poltrona importante fine a se stessa”. Salta quindi il commissario del Carroccio? “Siamo al mercato? Mi voti e ti do la poltrona? – aggiunge Salvini -. Non funziona così la democrazia. All’Italia spetta un commissario che dovrà occuparsi di lavoro, economia, commercio, industria, competizione, concorrenza. Quindi, penso che questo prescinda dallo scambio di voti o di poltrone. Sarebbe triste: se mi voti, ti aiuto. Se non mi voti, ti tengo fuori dalla porta”.

Ma la divergenza su von der Leyen avrà conseguenze sul governo? Lui assicura di no, “a meno che non siano quotidiani i no, gli insulti e gli attacchi che da qualche giorno sono ripresi”. Ma da Bruxelles c’è chi tra i socialisti è convinto che il la collocazione naturale del Movimento Cinque Stelle nel Parlamento Ue sia al loro “al fianco”, se non proprio nello stesso gruppo. Ne è convinto l’eurodeputato socialista belga Marc Tarabella, consapevole che i 14 voti M5s sono stati decisivi per l’elezione della presidente della Commissione Ue. “A certe condizioni, quando vedo i voti…. – risponde alla domanda se il Movimento non possa, in prospettiva, confluire nel suo gruppo – naturalmente, so che ci sarà una resistenza dei miei colleghi del Pd. Se posso fare il trait d’union, per fare in modo che siamo più numerosi e influenti. Perché quando votano, lo ripeto, votano come noi. Il loro posto, se devo giudicare, sarebbe meglio nel gruppo dei Verdi, chiaramente, ma al nostro fianco”. “Io – continua Tarabella, che quattro anni smascherò l’assenteismo di Salvini all’Europarlamento – non ho difficoltà a parlare con i Cinque Stelle; ho fatto eleggere Fabio Massimo Castaldo l’altra volta, l’ho votato. Quando votiamo su punti ambientali o sociali, i nostri voti sono spesso simili. Per questa ragione, anche in Agricoltura ho lavorato con Zullo, con la signora D’Amato, ora lavoro con Tiziana Beghin nel gruppo dello sport. Non ho difficoltà a lavorare con loro”.

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