È stata la prima rivalità capace di spaccare in due il pubblico. Bjorn Borg e John McEnroe. Due filosofie di intendere il tennis e di giocarlo. Due fenomeni destinati a dare vita a una match che ha ispirato generazioni di tennisti. Il 5 luglio 1980 vanno in scena cinque set al limite della perfezione, compreso il “tie-break del secolo” nel quarto set. Quello dei cinque match point annullati (più altri due sul 5-4) da McEnroe a Borg e del 18-16 in favore dell’americano. Una partita destinata a diventare un film.

Bjorn Borg, 1956, svedese, gioca da fondo campo e non sbaglia mai. Sfianca i suoi avversari e quando questi si avventurano a rete vengono trafitti con passanti chirurgici. John Patrick McEnroe, 1959, statunitense, è un attaccante mancino con un tocco di palla da predestinato. Il suo servizio, nato casualmente per ovviare ad un fastidioso mal di schiena, sconcerta i puristi e diverta un simbolo identificativo.

L’inizio è uno choc: McEnroe vince 6-1. Borg si riprende e vince il secondo e il terzo 7-5, 6-3. Ventitre minuti, trentaquattro punti giocati, i cinque match point per Borg e sette set point per McEnroe. Sono i dati di quel tie-break che ancora oggi crea stupore. Così come il quinto set. Un parziale finale che finisce a oltranza e termina 8-6, con un passante di rovescio di Borg e la sensazione di aver visto qualcosa che su un campo da tennis non si era mai mostrato prima. È il canto del cigno dello svedese che abbandona di fatto il tennis un anno dopo, a soli 25 anni, corroso dalla sua maniacalità per il gioco e per la sconfitta che subì nel 1981 a Wimbledon. Proprio da McEnroe.

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