Il mio primo romanzo, L’ombra del passato, rimase sospeso in attesa di una seconda stagione (oggi va di moda). Ebbene è arrivata. Il ritorno di Nick, narro ergo sum, edito da FalVision Editore di Bari, è un romanzo breve che spazia tra Svizzera e Puglia, raccontando le vicissitudini di una squadra di scorta al servizio del Paese. Ma l’intento del libro è quello di stimolare la ricerca della Bellezza sempre e ovunque, fatto che vien facile proprio a chi ogni giorno rischia la propria esistenza confrontandosi con la banalità del male. Eccone un breve estratto.

Nick aveva sostituito il “cogito ergo sum” con il quale aveva convissuto per decenni con un “narro ergo sum”. Esisto perché racconto. Si era convinto che le cose sono perché è possibile  raccontarle, perché altrimenti non esistono. Allora, forse, il racconto, l’atto del raccontare che può essere anche rivolto semplicemente a se stesso, conferisce alle cose, ai fatti, agli avvenimenti una vita, un’esistenza.

Almeno, questo accadeva a lui che traeva da uno schermo in un museo le scene salienti del suo passato. E il finestrino dell’auto di Frank gli creava lo stesso effetto. Mentre, quando a guidare era lui da solo, l’adrenalina era tutta occupata a vigilare sull’azione. Sì, forse poteva andare come spiegazione, ma poco importava se fosse giusta o meno. Nick era convinto del suo “narro ergo sum”, perché aveva constatato quanto le cose siano inesistenti se non sono raccontate. Aveva non raccontato tutto quello che aveva fatto, perché un capo scorta deve rendersi invisibile, inesistente, affinché possa svolgere la sua funzione efficacemente. Ed era imperativo per la sicurezza il non raccontare, piuttosto che il contrario, per ottenere il massimo risultato. Proteggere spesso equivale a nascondere.

Quando mettiamo sui nostri figli la coperta mentre dormono, usiamo il termine “per proteggerli dal freddo”. Quando si usa il termine “proteggere i dati”, è perché si nascondono. In informatica il termine “proteggere” equivale a criptare, nascondere, camuffare: quel sito è protetto… quel documento è protetto. Il racconto invece svela, mostra le cose con una narrazione che cerca di suscitare qualcosa. Una scarpa sul marciapiede, vicino a un cassonetto, comincia a esistere se qualcuno ci racconta chi l’ha buttata, perché, e via di seguito. Se sta lì, senza che nessuno cerchi una spiegazione, è semplicemente un rifiuto identico a una buccia di banana, senza vita ed esistenza.

Nick infatti rispettava molto quelle persone che vedeva spesso rovistare nei cassonetti, perché gli sembravano dei cercatori di storie, assillati dalla miseria. Si infilavano discreti nelle vite degli altri, appropriandosi di ciò che è stato scartato. Questa visione estrema di Nick aveva una sua ratio se applicata ai luoghi, alle città. Trani, ad esempio, il luogo dove viveva, non era raccontata e si avviava al declino, perché tutto ciò che non ha un racconto alla fine finisce per non esistere, per non avere più vita. C’erano degli indicatori che Nick riteneva fossero spie luminose dell’inizio del declino verso l’oblio, la dimenticanza.

La città è una cosa vivente, un organismo complesso. Nick aveva capito che se in questo organismo proliferavano alcune cose piuttosto che altre, si avvicinava il tempo del non racconto,  dell’inesorabile declino, della morte. Infatti si parlava molto in Italia della morte dei borghi abbandonati dagli abitanti. I segnali spia erano per Nick fondamentalmente tre: l’aumento di attività commerciali come pizzerie e fast food, l’aumento di sportelli bancari e finanziari, e il riprodursi di store 24ore con macchinette. E a Trani queste tre cose crescevano a dismisura e incontrollate. Erano il segno della miseria e non della ricchezza, come il sistema voleva farli apparire.

Un luogo è ricco quando queste cose non attecchiscono. Qualunque economista serio può capirlo e conquistarsi un Nobel. Quando il centro delle cose diventa il consumo ossessivo e l’accumulo del denaro una malattia compulsiva, il racconto non serve e comincia la miseria.

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