“Non dobbiamo perdere un euro dall’Europa“. Il mantra dell’ufficio al terzo piano del Comune di Modena è inequivocabile. È un ordine che arriva direttamente dall’amministrazione comunale, che da 22 anni ha deciso di mobilitare risorse interne ad hoc per attrarre finanziamenti europei e che sta chiudendo la programmazione 2014-2020 col successo più grande di sempre in termini di contributi. La strategia dell’ufficio Politiche europee e relazioni internazionali in Piazza Grande ha funzionato e i numeri parlano chiaro: il Comune dal 1996 al 2018 ha portato a casa 36,6 milioni di euro, di cui 29,7 soltanto dal 2014 al 2019 con la vittoria di 39 bandi su 95. Soldi che includono contributi da fondi strutturali (su cui c’è la tripartizione delle fonti di finanziamento tra Commissione Ue, governo e regione), fondo di sviluppo e coesione (risorse del Comitato interministeriale per la programmazione economica), e fondi a gestione diretta (che arrivano direttamente dalla Commissione europea). Traguardi che per l’Osservatorio eGovernment della School of management del Politecnico di Milano sono il sinonimo di una gestione tra le più virtuose su scala nazionale.

Negli ultimi anni il marchio dei fondi Ue a Modena è stato associato alla riqualificazione dell’ex Amcm (Azienda municipalizzata del Comune che fino al 1995 gestiva le reti luce, gas, acqua e il trasporto pubblico comunale), una vasta area a ridosso del centro storico. Dopo la chiusura della centrale Enel e dell’azienda per l’energia (ex Aem) era stata avvolta dal degrado, ma adesso guarda al futuro. L’ex centrale ospiterà entro la primavera 2020 il nuovo Teatro delle Passioni, che mette in scena opere contemporanee e d’avanguardia, e la sede di Emilia Romagna Teatro Fondazione. Il costo complessivo, di 5 milioni di euro, è stato finanziato dal Por-Fesr (Programma operativo del Fondo europeo di sviluppo regionale) per 2,850 milioni, e il Comune ne ha messi di tasca sua 2,15. Il cofinanziamento è infatti uno dei principi cardine dei fondi strutturali: prevede che il contributo dei beneficiari, nei territori come quello di Modena, si aggiri tra il 20 al 30% e il restante 80-70% venga ripartito tra Commissione Ue, governo e regione. L’ex Aem (Aziende elettriche municipalizzate), invece, è già un laboratorio aperto della creatività, con spazi di co-working, eventi dedicati alla realtà virtuale e alla formazione aziendale. Lo stesso spazio polivalente dove è stata conferita la cittadinanza onoraria a Vasco Rossi.

Il Comune ha poi ottenuto fondi Ue anche per costruire sei piste ciclabili dal centro alle periferie, cablare quattro zone industriali con la banda ultralarga, e provvedere a quattro interventi di efficientamento energetico per scuole e altri edifici pubblici. Tra i progetti più recenti finanziati da fondi a gestione diretta della Commissione, anche quelli realizzati in collaborazione con l’Università sul comparto automotive, la produzione di un’opera originale del teatro Comunale Luciano Pavarotti insieme ad altri partner internazionali e il museo della Terramara di Montale, uno dei pochi parchi archeologici italiani open air che riproduce un villaggio che lì si trovava 3500 anni fa, all’età del bronzo. Senza l’Europa non ci sarebbe mai stato e oggi è un museo da 20mila ingressi all’anno e tante attività laboratoriali.

Modena è uno dei 214 comuni italiani su 8000 che sono riusciti ad utilizzare i fondi Fesr 2014-2020 puntando su cultura e sostenibilità. Dove tanti falliscono, la Ghirlandina spicca. Una formula vincente da ricercare nell’impulso chiarissimo dell’amministrazione di percepire i Fondi Ue come prioritari per migliorare la città e le sue infrastrutture, coinvolgendo università, associazioni, enti e cittadini. Dodici, in media, i finanziamenti diretti gestiti ogni anno, altrettanti gli indiretti. Tutti studiati, controllati e gestiti dentro al Comune.

“A Modena l’Europa è vista come un’opportunità, e non solo per andare a caccia di risorse. Intercettare i fondi e usarli bene fa parte di una visione complessiva, fortemente voluta dal sindaco Giancarlo Muzzarelli e da chi lo ha preceduto”, spiega Antonella Buja, responsabile dell’ufficio che si occupa di fondi Ue. “Molti comuni, oltre a non avere risorse dedicate, non riescono neanche a fare fronte alla quota di cofinanziamento necessaria per dare seguito ai progetti. Perché il senso è che l’Europa ti aiuti a fare quello di cui la tua città ha già bisogno e quindi quello a cui tu amministrazione devi già lavorare”.

Quella di Modena è una squadra compatta dove il know how rimane tutto all’interno degli uffici comunali che segue tutto l’iter dei progetti, rendicontazione inclusa: lavorano a tempo pieno sui fondi 4 project manager, una persona che è impegnata su attività di cooperazione internazionale e altre tre dedicate ad attività di cittadinanza europea attiva. Il che significa anche gestire il centro Europe Direct. “È un centro ufficiale della Commissione europea che lavora per garantire informazione, orientamento e assistenza ai cittadini su tutto quello che l’Unione europea può fare per loro. In Emilia Romagna ce ne sono soltanto due -spiega Buja -. Ci aggiudichiamo il bando dal 1997, e questo porta 25mila euro all’anno nelle casse del Comune”.

Il punto di forza dell’ufficio di Modena è che le competenze restano tutte dentro lo staff che quotidianamente lavora sui progetti. “Non abbiamo consulenti esterni, quindi nessun costo aggiuntivo. Il nostro patrimonio resta in casa, ma dal 1999 facciamo anche consulenza e formazione ad altre amministrazioni che vogliono capire come usare bene i fondi”. Tra il 2014 e il 2018 a rivolgersi all’ufficio di Buja sono stati il Comune di Vimercate (Monza e Brianza) e quello di Corigliano Calabro (Cosenza), ma anche la provincia di Mantova. Consulenze, a oggi 49, pagate al comune 20.500 euro, e a breve si aggiungerà anche Fiumicino. Le tariffe vanno dai 3 ai 20mila euro, a seconda dell’impegno che viene richiesto. Entrate che comunque non confluiscono nel bilancio dell’ufficio, ma in quello comunale. “Vogliono che insegniamo loro il nostro metodo. Li facciamo venire qui a Modena per distrarli dal quotidiano ma fissiamo anche molte attività via Skype, mentre noi cerchiamo di ridurre al minimo le nostre trasferte“. Gratis invece le consulenze per l’uso dei fondi Ue agli altri 46 comuni della provincia. “La nostra è una strategia concreta e intelligente: le risorse devono essere impiegate in modo continuativo e non episodico sui progetti, altrimenti non funziona. Ci teniamo pronti davanti alle opportunità. E non siamo dipendenti pubblici che alle 17 fanno cadere la penna, perché se le scadenze dei progetti sono a stretto giro non ci sono orari”.

Il motore alla base, comunque, è la visione del sindaco e della giunta “perché se non ci credono loro nei fondi Ue, allora il lavoro che c’è dietro viene percepito come un peso”. E per realizzare i progetti bisogna parlare con tutti gli ingranaggi della macchina comunale: “Siamo un ufficio trasversale, non ragioniamo per compartimenti stagni. Per i fondi sulle piste ciclabili, così come per i progetti di riqualificazione urbana, ad esempio, ci siamo confrontati coi Lavori pubblici, dai dirigenti, agli ingegneri. Parliamo con gli assessori, gli enti e ci viene riconosciuta l’autorevolezza per farlo. Non siamo percepiti come una seccatura, ma come una risorsa. E stiamo già pensando alle proposte per la programmazione 2021-2027″.

Ma non ci sono soltanto i bandi, perché il Comune di Modena usa anche la via dei gemellaggi per studiare la conquista di risorse Ue. “Magari ci si immagina che siano sinonimo di trasferte mangerecce, ma non è così. Visto che per i fondi a gestione diretta servono partner stranieri, il nostro Teatro Comunale Luciano Pavarotti è diventato capofila di un progetto che coinvolge anche Linz in Austria a Novi Sad in Serbia, con le quali siamo gemellate da oltre 25 anni, per la creazione di un’opera originale (CrossOpera: Otherness, fear and discovery) che andrà in tutti e tre i teatri fra marzo e maggio 2020″. Tutti progetti accompagnati da programmi di comunicazione per rendere partecipe e consapevole la cittadinanza dei cambiamenti che sta affrontando la città. “Da quanto ci risulta, i modenesi sono più europeisti della media del Paese- osserva Buja -. L’Emilia Romagna è la regione che in Italia usa meglio i fondi strutturali, stanziamenti che la Ue destina a ciascun paese membro e per i quali c’è meno concorrenza rispetto ai fondi diretti della Commissione, che si rivolgono a tutti i 28 paesi”. La programmazione 2014-2020 ha avuto uno scatto importante per Modena rispetto a quella precedente “che si rivolgeva a zone più problematiche a livello economico come alcune aree degli Appennini o il Delta del Po. Ma negli ultimi anni abbiamo avuto più possibilità. E le abbiamo sfruttate tutte”. Investimenti che Modena sta già studiando per la programmazione 2020-2027. “Dalla regione si vuole proseguire con le stesse linee strategiche. Nel 2021 sapremo su cosa puntare, non andiamo alla cieca. E quando usciranno i nuovi bandi, saremo già pronti”.

Articolo Precedente

M5s, Renzi: “Il loro modello culturale? È il cialtronismo. L’unico collante del governo è la paura di perdere il potere”

next
Articolo Successivo

Disuguaglianze, “ecco perché chi è svantaggiato non si ribella e i dominanti si convincono di meritare i privilegi”

next