L’Italia punti su ambiente e sviluppo sostenibile per crescere. Lo dimostrano i numeri: nel 2017 il valore delle ecoindustrie – che includono beni e servizi per misurare, prevenire, limitare,
minimizzare o correggere danni ambientali – è stato pari a 36 miliardi di euro e al 2,3 per cento del Pil. Un valore più alto rispetto alla media europea, che non arriva al 2 per cento e che fallisce nei negoziati – per colpa dell’opposizione del blocco di Visegrad – sulle emissioni zero entro il 2050. La crescita del settore legato all’ambiente, quindi, aumenta con una tendenza superiore a quella media dell’economia. E le attività di protezione assorbono in totale il 35 per cento del valore aggiunto delle ecoindustrie. Il rapporto annuale dell’Istat – che include dati su lavoro, calo demografico e cervelli in fuga – fa emergere il ritratto di un’Italia green (leggi), in cui il settore della sostenibilità porta anche a rilevanti risultati economici. “L’Italia ha raggiunto risultati di rilievo rispetto a importanti priorità delle politiche europee e nazionali – si legge nel rapporto -, come ridurre gli impatti sul clima legati al consumo interno lordo di energia e sviluppare fonti energetiche rinnovabili. Grazie anche alla spinta delle politiche di incentivi per l’efficienza energetica, nel corso dell’ultimo decennio l’intensità energetica primaria si è ridotta del 13,1% e in termini di energie rinnovabili l’Italia ha raggiunto il target del 17% di consumi coperti da fonte rinnovabile, obiettivo assegnatole per il 2020 dal pacchetto Clima-energia dell’Unione europea, collocandosi al di sopra della media Ue”.

La tutela ambientale, rileva l’Istituto di statistica, è un’attività di primaria importanza, su cui si consolida una vera e propria dimensione produttiva. Il valore complessivo dei beni e servizi prodotti dal sistema economico per finalità ambientali ha raggiunto nel 2017 i 77 miliardi di euro (circa il 5% del Pil), di cui il 5% destinato alle esportazioni. Del 65% di valore aggiunto del settore derivante dalla produzione di beni e servizi finalizzati alla gestione delle risorse naturali, il 60% è generato dalla gestione delle risorse energetiche e il 5% dalla preservazione dell’ambiente. Nel quadro di una crescita sostenibile, uno dei settori con maggiore potenziale per valorizzare il patrimonio territoriale del Paese è quello delle attività connesse al turismo che, nel 2015, hanno generato il 6% del valore aggiunto totale dell’economia, una quota simile a quella del comparto delle costruzioni.

Il rapporto – “L’analisi dell’andamento del rapporto tra emissioni di anidride carbonica (CO2) e valore aggiunto, indispensabile strumento di monitoraggio del processo di decarbonizzazione richiesto dall’Accordo di Parigi sul clima, mostra segnali positivi per l’Italia segnando, nel 2017, un minimo storico pari a 178,3 tonnellate per milione di euro, ma ancora una volta questo risultato è in parte condizionato dal ciclo economico negativo che ha caratterizzato l’Italia fino al 2014. L’aumento delle concentrazioni di gas serra nell’atmosfera costituisce la principale determinante del riscaldamento globale, con conseguenze di natura economica, sociale e ambientale su scala mondiale. Le concentrazioni elevate provocano anche processi di acidificazione dei mari e degli oceani, dannosi per la salute e per la salvaguardia dell’intero pianeta“. Il rapporto sottolinea poi che “i cambiamenti climatici concorrono inoltre all’inasprimento di alcune calamità di natura idro-metereologica che accrescono la vulnerabilità del territorio e delle popolazioni e aggravano le criticità legate alla disponibilità di acqua. Su questo fronte, il nostro Paese è in grave ritardo. Nel 2015, tra i 28 Paesi dell’Unione europea, l’Italia è la prima per ammontare del prelievo di acqua per usi civili, comprensivi degli usi pertinenti alle attività produttive delle imprese fino a 5 addetti (156 metri cubi per abitante)”.

In totale, si legge ancora, “il valore complessivo dei beni e servizi prodotti dal sistema economico per finalità ambientali ha raggiunto nel 2017 i 77 miliardi di produzione, il 5 per cento dei quali destinato all’export. Oltre il 65 per cento del valore aggiunto prodotto dal settore delle ecoindustrie deriva dalla produzione di beni e servizi la cui finalità principale è la gestione delle risorse naturali. In particolare, il 60 per cento è generato dalla gestione delle risorse energetiche e riguarda la produzione di energia da fonti rinnovabili, beni e servizi utilizzati per attività di efficientamento energetico e prodotti che mirano alla riduzione del prelievo di risorse fossili. Il rimanente 5 per cento è dedicato alla preservazione di foreste, acqua, patrimonio minerale, flora e fauna. Le attività di protezione dell’ambiente, invece, assorbono in totale il 35 per cento del valore aggiunto delle ecoindustrie. Si tratta in questo caso di beni e servizi volti a ridurre l’impatto qualitativo sull’ambiente, essendo dedicati alla prevenzione, riduzione o eliminazione dell’inquinamento e di ogni altra forma di degrado dell’ambiente naturale.

Articolo Precedente

Clima, salta l’accordo Ue su emissioni zero entro il 2050. Si oppongono i Paesi di Visegrad

next
Articolo Successivo

EcoFuturo Festival 2019, ecco le tecnologie che fermeranno il disastro ambientale  

next