Facebook ha annunciato Study, la prima applicazione che ricompensa in denaro chi condivide volontariamente informazioni personali. Un sistema per ottenere una profilazione mirata degli utenti senza violare alcuna policy sulla privacy. “Study from Facebook” è trasparente su quali dati registra, come e chi li userà, e in cambio remunera la partecipazione volontaria dell’utente con un sistema di premi gestito dall’azienda statunitense Applause.

Al momento l’app è presente nei Play Store solo di Stati Uniti e India, e non abbiamo informazione relative all’Europa. Però è un’indicazione importante della piega che potrebbe prendere la raccolta di informazioni e la profilazione utente, che sono carburanti importantissimi per la web economy.

Il funzionamento è semplice: dopo avere scaricato l’app dal Google Play Store (consentita solo a chi è maggiorenne), verranno trasmesse a Facebook una serie di informazioni. Nello specifico l’elenco delle app installate sul dispositivo, la quantità di tempo che l’utente trascorre con ciascuna di esse, le attività delle app, che potrebbero rivelare i nomi delle funzioni utilizzate dai partecipanti, il Paese da cui si collega l’utente, il nome del dispositivo che usa e il tipo di rete dalla quale si sta collegando.

Facebook sulla pagina di annuncio ufficiale promette di “raccogliere la quantità minima di informazioni necessaria per aiutarci a costruire prodotti migliori” e assicura che non saranno collezionati dati quali l’ID utente, le password e qualsiasi contenuto come foto, video e messaggi. Nella lista dei buoni propositi c’è anche l’intenzione di non vendere le informazioni ad aziende terze o di usarle per “targhettizzare” gli annunci sull’account Facebook del partecipante. Sarebbe curioso poter verificare tutti questi dettagli con minuzia.

Non è chiara al momento la ricompensa, ma del resto la promessa di trasparenza riguarda le funzioni dell’app, non la parte veniale dell’accordo. Il quotidiano The Guardian ricorda che in un’occasione precedente di raccolta dati, denominata Facebook Research, l’azienda ricompensò gli utenti con una tariffa mensile massima di 20 dollari. Un po’ pochi per mettere in piazza tutte quelle informazioni, ma Nathan Wenzler, senior director of cybersecurity presso la società di gestione patrimoniale Moss Adams, ricorda che più volte “la natura umana ci ha dimostrato che una sorta di ricompensa, non importa quanto piccola, sia spesso sufficiente per spingere le persone a consegnare le proprie informazioni personali”.

Non mancano le voci contrarie, come ad esempio quella di Dimitri Sirota, CEO e co-fondatore dell’azienda per la privacy dei dati BigID, secondo cui l’idea è troppo invasiva, e potrebbe essere semplicemente una mossa subdola per uscire indenne dalle molteplici polemiche sulla privacy sollevate negli ultimi mesi. Per il momento Facebook non ha replicato.

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