di Biagio Maimone *

Se si vuole veramente combatterle, le mafie – definite con varie denominazioni – devono essere affrontate partendo dai territori del Nord Italia in cui esse, grazie alla fiorente condizione economica degli stessi, affondano le proprie radici. Per penetrare negli ambienti rigogliosi del Nord Italia, le varie organizzazioni mafiose si avvalgono di quelli che detengono il potere economico e ancora di più il potere politico, che decide in merito agli appalti pubblici. Nel Nord Italia pullulano affari, raccomandazioni, tangenti, favori e assunzioni privilegiate. La complicità dei politici, facilmente corruttibili dal dio denaro, si esplica mediante la scelta dei vertici delle aziende pubbliche ai quali è demandato il compito, lautamente remunerato, di decidere a chi affidare i vari appalti o altre operazioni economiche analoghe.

Oggi le mafie indossano la giacca e la cravatta, che consente loro non solo di passare inosservate, ma di rappresentare l’eleganza “corrotta” di molti affari economici. Non serve ricorrere a sparatorie esemplari, come nel passato: essi uccidono la meritocrazia e l’onestà a suon di “mazzette”.

Sfatiamo il mito che la mafia prolifera ed agisce nel Sud Italia, cerchiamola, invece – e la troveremo certamente – là dove si esprime in modo eclatante il potere della politica, ossia il Nord Italia. Il potere economico e politico che ha guidato, nel corso dei secoli, il nostro Paese, già a partire dai tempi di Mazzini e Cavour, ha stabilito che il Sud non dovesse progredire e dovesse, invece, restare ai margini della vita sociale. Pertanto, il Mezzogiorno, da sempre abbandonato a se stesso a causa di tali logiche di potere, è sempre più povero.

La disoccupazione è aumentata perché le piccole aziende, le poche nate nei territori meridionali dell’Italia, chiudono a causa dell’eccessiva pressione fiscale. Purtroppo, non si può negare che, nel Sud Italia, si è raggiunto un livello di povertà che fa pensare al Terzo mondo. Nulla di nuovo: come ho affermato, il Sud, per logiche antichissime di natura politico-economica, deve rimanere povero per poter essere il “materasso” del Nord. Così industrie, lavoro e progresso hanno preso piede solo nei grandi centri urbani del Nord e nel Sud dell’Italia è proliferata la disoccupazione e l’arretratezza dei suoi territori. Da qui la mafia, che ha governato indiscussa, facendo dello stato di arretratezza delle terre del Sud la leva del suo potere.

Si può affermare, inoltre, che il Nord ha accolto il valore aggiunto offertogli dalla mafia del Sud, che, sostituitasi allo Stato assente, ha contribuito ad alimentare il potere economico e politico del Nord, inibendo la crescita del Sud italiano. Ad alcuni uomini del Sud, culturalmente progrediti, è stato concesso dal potere politico di ricoprire ruoli di prestigio, ma il potere economico, che è il vero potere, è sempre rimasto ai territori del Nord Italia. Sembra quasi che il Mezzogiorno debba rimanere più povero di quanto non lo sia già perché se il Sud è povero il Nord potrà avere di più.

Ma occorre fare una considerazione: nell’epoca attuale, bisogna fare i conti con l’emancipazione e con la tecnologia. Potrà verificarsi, in tal modo, che le logiche di potere esistenti siano sgominate dai giovani meridionali che, con la loro energia, saranno in grado di cambiare le cose. Il Sud è ricco di cultura, tradizione e storia: un patrimonio davvero inestimabile su cui porre le basi della rinascita delle sue terre, che sono state fonte di cultura e di affermazione, a livello internazionale, per la nostra Italia. Solo facendo leva sulla ricchezza culturale del Sud italiano potrà essere sovvertita la scelta di chi vuole lasciare nella depressione il nostro Mezzogiorno per trarne vantaggio e ricchezza per pochi.

* Capo Redattore Centrale Agenzia giornalistica Agenpress.it

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