di Federica Pistono *

Guardando ai romanzi arabi pubblicati in Italia in questo primo scorcio del 2019, l’attenzione si sofferma su due titoli: Morire è un mestiere difficile (Bompiani, trad. M. Avino) del siriano Khaled Khalifa e I giardini del presidente (Atmosphere Libri, trad. F. Pistono) dell’iracheno Muhsin al-Ramli.

I due romanzi sono accomunati dai grandi temi della dittatura e della guerra nonché dalla presenza di una vena ironica che smussa, a tratti, la violenza della narrazione.

Per quanto riguarda l’opera di Khalifa, l’ambientazione ci riporta agli anni centrali del conflitto siriano. Il romanzo si incentra sul viaggio, compiuto da tre fratelli, attraverso la Siria lacerata dalla guerra.  Prima di spirare in ospedale, un padre, un insegnante divenuto, negli ultimi anni della sua vita, un oppositore del regime, esprime infatti il suo ultimo desiderio al figlio Bulbul, quello di essere seppellito nel suo villaggio natale, nei dintorni di Aleppo. La richiesta sembrerebbe normale, ma non lo è affatto nella Siria del 2015, un paese in cui infuria la guerra civile, in cui Damasco è sotto il controllo del regime di al-Asad, mentre Aleppo è nelle mani dei ribelli. Per esaudire l’ultimo desiderio paterno, infatti, i tre figli dell’uomo devono trasportare la salma lungo un percorso di quattrocento chilometri, attraversando aree controllate dal regime, dall’Esercito libero o dai gruppi islamisti. I tre fratelli, due uomini e una donna, devono così affrontare un viaggio allucinante, ammassati con la salma del padre in un vecchio microbus, trovandosi a fronteggiare infinite difficoltà. Il veicolo viene fermato continuamente ai diversi posti di blocco, il viaggio si allunga, con la calura la decomposizione della salma procede rapidamente, mentre i tre fratelli, che da anni non si frequentano, sono costretti ad affrontare nodi irrisolti del loro passato familiare, ricordi dell’infanzia e dell’adolescenza, antichi dissapori e rivalità mai sopite.

Il romanzo è stato definito “faulkneriano” per l’analogia con l’opera di Faulkner  Mentre morivo: in ambedue le opere la trama ruota intorno al viaggio compiuto dai figli che scortano un genitore all’eterno riposo ma, mentre nel testo di Faulkner  i figli di Addie Bundren, per esaudire l’ultima volontà della madre, ne trasportano la salma, su una sgangherata carretta, attraversando una regione del sud degli Stati Uniti battuta da piogge torrenziali, fino al cimitero di Jefferson, nell’opera di Khalifa, i tre figli del dissidente attraversano tutte le linee della guerra siriana.

Il testo, dunque, da un lato offre all’autore la possibilità di descrivere gli orrori della guerra, dall’altro si pone come un romanzo intimista, ripercorrendo l’itinerario interiore dei tre fratelli alla ricerca del proprio passato, del proprio io e di quello del padre.

Con l’odissea amara e surreale di Morire è un mestiere difficile, Khalifa torna a narrare l’attualità siriana, mostrando senza veli la quotidianità di un popolo che vive fra le macerie.

La dittatura e la guerra costituiscono lo sfondo anche del secondo romanzo, I giardini del presidente, che si presenta come un grande affresco dell’Iraq di Saddam Hussein, ricostruendo tre decenni di storia irachena, dall’inizio della guerra Iran-Iraq nel 1980 fino al periodo successivo all’invasione americana. Ripercorrendo le vicende di tre inseparabili amici. Abdullah, Ibrahim e Tareq, originari di un borgo rurale nel nord dell’Iraq, il romanzo dipinge l’impatto che le grandi tragedie della storia nazionale, come la dittatura, le guerre, l’invasione, producono sull’esistenza dei comuni cittadini. Durante il conflitto Iran-Iraq, Abdullah cade in mano nemica e resta per vent’anni prigioniero nella Repubblica Islamica, per poi tornare a casa e scoprire il terribile segreto della propria nascita. Tareq invece diventa un uomo potente, in grado di aiutare gli amici ma sempre attento ai propri interessi. Ibrahim torna mutilato dalla prima guerra del Golfo e perde sua moglie, ammalatasi di un male incurabile, quindi viene assunto come giardiniere nel parco del palazzo presidenziale di Baghdad. Il nuovo impiego gli schiuderà orizzonti inimmaginabili.

Il romanzo presenta il pregio di gettare uno spiraglio di luce sui sanguinosi conflitti mediorientali, come la guerra Iran-Iraq, focalizzando l’attenzione sulla condizione dei prigionieri iracheni nelle carceri iraniane, o come la prima guerra del Golfo, con la descrizione delle sofferenze dei soldati iracheni in prima linea e della disastrosa ritirata dal Kuwait all’Iraq.

L’opera indaga anche temi dell’amore, dell’amicizia, della solidarietà. Il tono è spesso drammatico ma, anche in questo caso, l’umorismo nero dell’autore mitiga la crudezza del racconto.

* traduttrice ed esperta di letteratura araba

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