“Serve un’Europa dei diritti, un’Europa del lavoro”. Così Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, a margine del corteo nazionale del primo maggio partito da piazza XX settembre a Bologna. “Noi abbiamo pagato le delocalizzazioni, la competizione tra Paesi e l’assenza di una politica europea che rimetta al centro il lavoro, la persona” e questo, ha aggiunto, “ha determinato precarietà, riduzione dei diritti e riduzione dei salari”.

Quest’anno per la manifestazione nazionale del primo maggio i sindacati hanno scelto il tema europeo. Del resto, sottolinea Landini, “il primo maggio nasce tanti anni fa proprio su una battaglia internazionale, quella del tempo e dell’orario e dei diritti uguali per tutti i lavoratori del mondo per evitare competizioni. Credo che oggi rimettere al centro un’idea di Europa diversa significhi rimettere al centro il lavoro e chiedere che la politica assuma di nuovo la centralità del lavoro e della persona come elemento di ridisegno economico e sociale”

Maurizio Landini ha anche commentato i dati Istat sul Pil, che parlano di una timida ripresa della crescita: “Chi oggi plaude allo 0.1 dell’Istat, cioè il Governo, è lo stesso che ha fatto un Def qualche settimana fa dicendo che non si cresce come si prevedeva e che se non cambia nulla tra tre anni la disoccupazione sarà ancora oltre il 10%”. “È ora che si mettano d’accordo – aggiunge Landini – non è che possono celebrare lo 0.1 e presentare dei documenti che dicono che non cambia nulla nei prossimi anni”, “se non c’è una ripresa degli investimenti non se ne esce e c’è da cambiare le politiche economiche e sociali”. “Anche i governi precedenti tutte le volte che c’era l’Istat brindavano, poi quando ci sono state le elezioni non hanno brindato” perché “se intanto cresce la precarietà e calano i salari per la gente non sta cambiando nulla”. Se il governo “davvero vuol cambiare le cose – rimarca il leader Cgil – si deve confrontare con i sindacati e con i lavoratori”

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Primo maggio, Maurizio Landini: “Tutti a Bologna per dire che vogliamo un’Europa del lavoro e non della precarietà”

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