Il Centro studi di Confindustria vede una “Italia ferma” e azzera le previsioni per il Pil 2019. Pesano “una manovra di bilancio poco orientata alla crescita”, “l’aumento del premio di rischio che gli investitori chiedono” sui titoli pubblici italiani, “il progressivo crollo della fiducia delle imprese” rilevato “da marzo, dalle elezioni in poi”. E gli investimenti privati sono per la prima volta in calo (-2,5%, escluse le costruzioni) dopo 4 anni di risalita. Anche le due misure principali del governo Conte, reddito di cittadinanza e Quota 100, “daranno un contributo, seppure esiguo, alla crescita economica” concentrato nel 2019 ma, avverte il Centro studi Confindustria, “queste due misure, realizzate a deficit, hanno contribuito al rialzo dei tassi sovrani e al calo della fiducia, con un impatto negativo sulla crescita”. Dalla metà del 2018 in poi, spiegano gli economisti di via dell’Astronomia, l’Italia ha subito, più degli altri Paesi europei, il rapido peggioramento del contesto economico internazionale e in particolare il deterioramento in Germania. Ma, questa l’accusa di Confindustria, “il Governo ha ipotecato i conti pubblici” e ora “servirebbero 32 miliardi di euro senza risorse per la crescita”. Inoltre, “nel  2019 la domanda interna risulterà praticamente ferma” così come “per ora non si vede un’inversione di tendenza nei contratti“. Oltre al Pil, anche il lavoro è a crescita zero secondo Confindustria.

Le previsioni di Confindustria? “Verranno smentite clamorosamente dai fatti. È pieno di gufi. Ci hanno sempre ‘cannato’ in passato”, commenta il vicepremier Matteo Salvini parlando ai microfoni di Radio Capital. Diversi i toni del collega Luigi Di Maio: “Le preoccupazioni di Confindustria sono le stesse del governo, non c’è alcuna volontà di contrapposizione”, ha replicato il capo politico M5s, secondo quanto riportano fonti del ministero, rassicurando gli investitori americani incontrati a New York. Di Maio ha parlato quindi di consapevolezza di un rallentamento generalizzato e importante sia all’interno della Ue sia come effetto della guerra dei dazi.

Serve “passare dal contratto di Governo ad un patto per lo sviluppo e l’occupazione“, avverte il presidente dell’organizzazione delle imprese Vincenzo Boccia. “Il primo anno è stato quello del contratto: reddito di cittadinanza, quota 100 e un po’ di flat tax per gli autonomi. Oggi il rallentamento globale ci impone di fare un salto di qualità“. Aprire i cantieri può essere una utile “misura-shock“, aggiunge Boccia.

Due elementi sfavorevoli: spread e crollo fiducia imprese
La prima stima delle crescita per il 2020 prevede invece un “esiguo miglioramento”, +0,4%. L’organizzazione delle imprese già a ottobre aveva rivisto la previsione per quest’anno a +0,9%. Un stima ridotta oggi a zero. Gli economisti di via dell’Astronomia rilevano in particolare “due elementi sfavorevoli che si sono determinati nella seconda metà del 2018” e che “hanno contribuito in misura marcata al deterioramento dello scenario. Il 2019 li eredita entrambi”.

Il primo è sul fronte dello spread: “Il rialzo di circa un punto percentuale dei rendimenti sovrani rispetto ai minimi dei primi mesi del 2018, che si sta rilevando persistente”, pur non riflettendo la reale immagine che il mercato dovrebbe avere del Paese è un “riflesso dell’aumento del premio al rischio che gli investitori chiedono per detenere titoli pubblici italiani”. C’è poi “il progressivo crollo della fiducia delle imprese, specie nel manifatturiero, a riflesso del clima di forte incertezza nell’economia: a questo si è sommato, più di recente, un deterioramento anche del sentimento delle famiglie italiane“. Quanto al 2018, alle spalle ci siamo lasciati “un anno a due velocità“, con una inversione di rotta in negativo nel secondo semestre come emerge anche dai dati sull’occupazione. Dalla scorsa estate in poi l’Italia ha subito più di altri gli effetti della congiuntura sfavorevole e in particolare il blocco del settore auto motive tedesco che si è trasmesso al resto dell’economia. Il profilo trimestrale del Pil molto debole, previsto per il prossimo anno, è dovuto anche all’assunzione di un forte aumento delle aliquote Iva.

“Inevitabile un aumento delle tasse”
Infatti, sostiene il Centro studi di Confindustria, “il Governo ha ipotecato i conti pubblici e non ci sono scelte indolori”. Gli economisti di via dell’Astronomia sottolineano in particolare il “bivio” tra “rincaro Iva” o “far salire il deficit pubblico al 3,5%”. Per annullare il primo e fare la correzione richiesta sui conti “servirebbero 32 miliardi di euro senza risorse per la crescita”. Così appare “inevitabile un aumento delle tasse”. “L’Italia – dice il capoeconomista di Confindustria Andrea Montanino – deve evitare di andare oltre il 3% nel rapporto deficit-Pil: sarebbe un segnale molto negativo per i mercati. Il fatto che lo spread non si è richiuso significa che continuiamo ad essere un paese sotto osservazione. Verremmo puniti dai mercati“.

Anche il lavoro è fermo: occupazione “resterà stabile”
“Nel 2019 la domanda interna risulterà praticamente ferma e una recessione potrà essere evitata solo grazie all’espansione, non brillante, della domanda estera. A meno che – avverte il rapporto del Csc con le nuove previsioni – non si realizzi l’auspicato cambio di passo nella politica economica nazionale”. Cambio di passo che nel 2019 non sembra arrivare anche per i contratti: i lavoratori dipendenti “sono tendenzialmente fermi, c’è un calo del lavoro a termine – si legge – ma non è ancora compensato dai contratti a tempo determinato”. Nel 2019 l’occupazione resterà “sostanzialmente stabile (+0,1%)” e aumenterà dello 0,4% nel 2020 secondo le previsione di Confindustria.

In termini di persone occupate, l’occupazione “rimarrà pressoché ferma in media d’anno nel 2019 (+0,2%) poco sopra i livelli pre-crisi”, prosegue il Csc secondo il quale la ripresa dell’occupazione “si è bloccata già dallo scorso maggio (-0,2% nel terzo trimestre 2018 e -0,1% nel quarto), di pari passo al rallentamento del Pil, e l’arresto perdurerà anche nei prossimi mesi”.
Il numero delle persone occupate “ricomincerà a crescere dalla seconda parte del 2019, sulla scia della possibile leggera risalita dei livelli di attività, e la tendenza proseguirà l’anno prossimo”, conclude il Csc che alla fine del biennio stima che le persone occupate “saranno circa 23,4 milioni, 260mila unità oltre il picco della primavera 2008″.

Boccia: “Aprire i cantieri sarebbe un bel messaggio”
Il leader di Confindustria Boccia chiude il convegno per presentare il rapporto del centro studi di via dell’Astronomia: “Bisogna reagire al rallentamento ed avere chiari due step: come reagiamo alla previsione di una crescita zero e quindi come facciamo a crescere, e come affrontiamo la prossima legge di bilancio“. Si deve agire “su tre assi“, dice Boccia: “Infrastrutture, credito, crescita intendendola come riattivazione degli investimenti”. Aprire i cantieri, utilizzando “risorse già stanziate, senza ricorso al deficit” può dare uno ‘shock’ positivo all’economia, “un bel messaggio all’interno ed all’esterno del Paese”. Sono “politiche a costo zero“, come dare più sostegno alle imprese sul fronte del credito e accelerando i pagamenti della Pa.

“Non dividersi ma unirci, non cercare colpevoli“, né in Europa né nel Paese, “ma individuare soluzioni”, è l’appello di Boccia. Non bisogna pensare a “individuare colpe di qualcuno” ma “partire dal fatto che il rallentamento è maggiore del previsto e questo ci obbliga a reagire e trovare soluzione” . Se si lavora per “recuperare certezza del futuro, ed il primato della politica, la fiducia si ricostruisce”. Con la legge di bilancio serve “attenzione sulle ragioni dello viluppo: dobbiamo recuperare molto”, conclude il presidente di Confindustria.

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