In questi giorni ha fatto notizia che tutte le ragazze madri occupanti abusive di uno stabile a Napoli, oltre una ventina, fossero pronte a fare domanda per il reddito di cittadinanza. E dovrebbero averne i requisiti, almeno per l’accesso, con un Isee pari a zero che aveva permesso loro già di accedere al Rei che, va detto a chiare lettere, la Regione Campania e, in particolare l’assessore al Lavoro, Sonia Palmeri, è stata molto sollecita e capace ad attuare in tempi rapidissimi per una platea molto ampia, il che non è poco. Ora che ha iniziato a funzionare bene, il Rei sarà smantellato. Era proprio necessario?

Questi episodi di cronaca ci aiutano a spostare il discorso sul reddito di cittadinanza dalle questioni di carattere generale a quelle specifiche del caso per caso. È un bene, poiché solo guardando ai casi specifici ci si rende conto dei pro e dei contro del provvedimento, al di là dei preconcetti di ciascuno.

Un rischio più volte notato su questo blog, con il reddito di cittadinanza, è insito nel principio della condizionalità. Con il Rei quelle donne avevano meno soldi, ma potevano continuare a dedicarsi a tempo pieno ai propri figli senza perdere il sussidio. Con il reddito di cittadinanza dovrebbero anche accettare un’offerta di lavoro e, ammesso che la ricevano, se non dovessero essere in grado di accettarla, poiché in una destinazione troppo lontana da casa, dovrebbero rinunciare al sussidio.

La condizionalità in fondo è cosa giusta e buona per donne giovani, poiché quelle donne prima o poi devono entrare nell’ottica di diventare autonome dal punto di vista economico, ma il loro caso ci fa rendere conto del fatto che i motivi per cui la gente non lavora in Italia sono tanti. La disoccupazione ha tante cause.

Gli studi sui Neet lo chiariscono abbastanza bene. Non c’è un solo idealtipo di Neet, che con una sola politica possiamo aiutare. I Neet sono di tanti tipi e ognuno va aiutato in modo diverso. C’è il disabile inabile al lavoro o alla maggior parte dei lavori. C’è il giovane senza scuola dell’obbligo che non sa dove mettere le mani e non sa fare nulla e avrebbe bisogno di tornare a scuola, magari iniziando un percorso di apprendistato curriculare, poiché se lui si propone all’officina vicino casa imparerà poco o nulla e presto sarà nuovamente disoccupato. C’è il giovane neolaureato in materie non richieste dal mercato, in attesa di una prima occupazione e, prima ancora, di un tirocinio in azienda, uno stage o un’offerta di lavoro temporaneo di un’azienda veramente desiderosa di assumere e non a caccia di manodopera a buon mercato per le fotocopie e altre attività a bassa produttività.

C’è anche la ragazza madre della notizia di cronaca del giorno che senza un asilo nido funzionante e gratuito non può andare a lavorare, soprattutto se non ha parenti e amici che possano aiutarla. In questi e altri casi, l’offerta di lavoro potrebbe non arrivare mai oppure non sarebbe davvero la soluzione migliore, ma dovrebbe essere il punto di arrivo di un percorso di istruzione e di formazione ad hoc, per superare problemi specifici che rendono il Neet non immediatamente occupabile.

Il reddito di cittadinanza ha meriti importanti e sembra fatto apposta per affrontare i due punti lasciati fuori dal Jobs Act e dalle altre riforme del mercato del lavoro degli ultimi dieci anni, di cui abbiamo parlato in un precedente post, vale a dire un sostegno alla povertà più inclusivo e più sostanzioso del Rei e un sistema di servizi per l’impiego e di formazione professionale che i precedenti governi avevano lasciato inattuato, per mancanza di fondi da investire e per le lentezze del processo riformatore, legato dal governo dell’epoca ad un referendum costituzionale che poi è fallito.

Tuttavia, il reddito di cittadinanza ha uno dei limiti classici delle politiche economiche e del lavoro, quello di essere una misura del tipo one-size-fits-all, vale a dire una misura unica che dovrebbe risolvere tanti problemi: carenza di sostegno alla povertà, sostegno alla maternità delle donne Neet, carenza di servizi per l’impiego e politiche attive per superare il mismatch fra le competenze della domanda e dell’offerta, ma soprattutto politiche di sviluppo che i posti di lavoro li creino. I navigator nel Mississipi aiutano i giovani a pescare il pesce da un lago dove ce n’è tanto. Se nel lago non c’è pesce, i navigator non potranno aiutare neppure a pescare

Perciò, il reddito di cittadinanza è un provvedimento ingenuo e, al contempo, complicato. Non si dia la colpa agli altri se avrà tanti ostacoli a funzionare. Credo che sarebbe stato preferibile distinguere le politiche anti-povertà (un Rei rafforzato e rimpolpato) e quelle di collocamento e di formazione (rafforzando centri per l’impiego e garanzia giovani).

Attenzione, il processo di costruzione di una sistema di welfare completo per realizzare appieno la flessicurezza non finisce con il reddito di cittadinanza. Oltre agli asili, serviranno anche altri strumenti, fra cui politiche di formazione professionale degne di questo modo e un apprendistato alla tedesca che affronti all’origine il problema degli abbandoni scolastici. Questo blog è iniziato con la proposta di una borsa di studio per le famiglie povere che preferiscono spingere i figli a lavorare anziché andare a scuola. C’è poi la questione del salario minimo per i rider, ad esempio a tanto altro ancora.

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