Carlo Parrinello è una delle 81 vittime della strage aerea di Ustica. Quando il 27 giugno 1980 il Dc9 Itavia venne abbattuto da un missile e si inabissò nel mar Tirreno aveva 44 anni e manteneva lui la famiglia. La Corte d’appello civile di Palermo il 7 luglio 2017 ha stabilito che lo Stato dovesse risarcire la moglie e le tre figlie con un milione e 908mila euro: di questa somma hanno ricevuto solo poco più di 431mila euro e per questo i familiari di Parrinello hanno notificato un atto di pignoramento presso terzi nei confronti dei ministeri dei Trasporti e della Difesa. Il credito oggetto di pignoramento è di 1.477.107 euro.

La sentenza della Corte d’appello (la seconda che si è pronunciata sullo stesso caso per decidere le somme da risarcire) riguarda la decisione in primo grado del giudice Paola Protopisani che affermò che la causa dell’abbattimento fu “un missile o una collisione in una scena militare”. L’avvocatura dello Stato sostiene che i familiari delle vittime percepiscono una indennità di circa 1600 euro al mese, quindi vanno defalcate dal risarcimento tutte le somme future che i familiari percepiranno fino al compimento di 75 anni.

I legali dei familiari di Parrinello, gli avvocati Vanessa e Fabrizio Fallica, sostengono invece che la sentenza non parla assolutamente di questa detrazione futura e indica con precisione il risarcimento che lo Stato deve pagare. ‘”E’ una situazione imbarazzante – dicono – Questa posizione dell’avvocatura serve solo ad aggravare ancor di più lo Stato di spese per le procedure esecutive”. Nella sentenza di appello che riguardava 42 familiari delle vittime, i giudici hanno condannato i ministeri a pagare ai legali 378.484 euro oltre al rimborso forfettario per spese generali, Cpa e Iva. Gli avvocati Fallica hanno notificato un atto di precetto ai due ministeri anche da parte degli otto familiari di altre tre vittime che devono avere, dopo la sentenza definitiva, circa due milioni di euro avendo ricevuto anche loro solo un pagamento parziale.

La sentenza del 2017 – Il Dc9 dell‘Itavia che si inabissò nel mare di Ustica fu abbattuto da un missile. E dopo ci furono vari depistaggi. Per questo lo Stato dovrà risarcire, e non per la prima volta, oltre 17 milioni di euro a 29 familiari delle vittime della strage del 27 giugno 1980 (in tutto morirono 81 persone). Questo stabilì la sentenza pronunciata dalla prima sezione civile della Corte di appello di Palermo. Secondo i giudici, resta accertato il depistaggio delle indagini compiute all’indomani del disastro aereo. Il velivolo, che da Bologna andava a Palermo, con ogni probabilità fu abbattuto da un missile, ancora oggi non identificato, e a parere dei giudici civili i ministeri della Difesa e dei Trasporti non assicurarono adeguate condizioni di sicurezza. Per ila corte è esclusa l’ipotesi alternativa della bomba collocata a bordo o di un cedimento strutturale, in linea, quindi, con lo scenario della battaglia aerea e dell’intrusione di velivoli non identificati nella rotta del Dc9 già tracciato dall’istruttoria conclusa nel 1999 dal giudice Rosario Priore.

Le indagini – Nel frattempo da quasi mezzo secolo si attende una verità “conclusivae univoca”, per riprendere le parole pronunciate nel giugno scorso dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione dell’anniversario della strage. Le indagini dei magistrati di Roma sul disastro aereo – avviate dopo anni di depistaggi, sentenze contraddittorie e attualmente a carico di ignoti – lavora sull’ipotesi che i caccia libici usarono il Dc9 dell’Itavia per non essere individuati dai radar ma furono comunque intercettati dai caccia militari (francesi, secondo l’allora presidente del Consiglio Francesco Cossiga, americani stando alla testimonianza rilasciata a La7dall’ex marinaio Brian Sandlin, imbarcato sulla portaerei Usa Saratoga). L’aereo di linea partito da Bologna Borgo Panigale e diretto a Palermo Punta Raisi rimase quindi coinvolto nello scontro e precipitò in mare tra le isole di Ponza e Ustica.

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