Il tribunale del riesame di Catania smonta le accuse mosse contro la nave Aquarius. La procura etnea l’aveva sequestrata ipotizzando il traffico illecito di rifiuti. Esiste infatti la “ritenuta potenziale infettività dei rifiuti derivanti dalle operazioni di salvataggio (nello specifico vestiti e biancheria intima) che dunque avrebbero dovuto essere riferiti come rifiuti sanitari a rischio infettivo o sanitari pericolosi”, scrivono i giudici. Secondo i quali tuttavia è “insussistente il contestato reato di traffico illecito di rifiuti”. La sentenza annulla il decreto del Gip che disponeva il sequestro di 200mila euro da due conti correnti intestati a Francesco Giannino, titolare della Mediterranean shipping agency di Augusta (Siracusa), indagato nell’ambito dell’inchiesta Bordeless, sulla gestione di rifiuti da navi di Ong. I giudici hanno anche ritenuto illegittimo il metodo di calcolo del profitto usato dalla procura e basato su una norma della Convenzione Marpol. Il regolamento era inapplicabile perché si riferiva ad altro contesto e non alle condizioni economiche relative allo smaltimento dei rifiuti.
“Gli indumenti ed i vestiti indossati dai migranti, a rischio di contaminazione da agenti patogeni e virus infettivi, ed i rifiuti alimentari rappresentati dagli scarti degli alimenti somministrati ai migranti a bordo, potenziali veicoli, per contatto diretto, di microorganismi, virus e tossine non potevano essere raccolti e smaltiti in modo indifferenziato, quali residui del carico, assimilati ai rifiuti solidi urbani, bensì previa qualificazione degli stessi come rifiuti sanitari a rischio infettivo o sanitari pericolosi, e con modalità rispettose della salute pubblica”, scrive il Tribunale del riesame nelle 28 pagine delle motivazioni firmate dal presidente Sebastiano Mignemi e dalla relatrice Laura Benanti. Tuttavia, osservano i giudici, “la pluralità delle operazioni, e financo l’abitualità della condotta, non è però sufficiente a far ritenere integrato il reato contestato” di traffico illecito di rifiuti “essendo infatti necessario un quid pluris, consistente nell’allestimento di mezzi ed attività continuative organizzate”, cioè “una struttura rudimentale, nel cui alveo ricondurre i traffici illeciti, organizzando una forma di impresa”.
Secondo il Tribunale le indagini avrebbero fotografato le modalità di smaltimento dei rifiuti prodotti a bordo delle due navi, Vos Prudence e Aquarius. Attività però considerate “semplici” e quindi non imputabili a una vera organizzazione. Condotte quindi che i giudici ritengono “difficilmente classificabili alla stregua di attività organizzate”. Nulla infatti è emerso in relazione a un eventuale coinvolgimento delle ditte portuali di ritiro e di smaltimento dei rifiuti, motivo per cui le attività successive alla consegna degli stessi non possono essere valorizzate ai fini della configurazione di un’organizzazione strutturata minima.
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