Dal 2012 in avanti l’
Italia ha contribuito alla corsa agli armamenti del
Turkmenistan nonostante il Paese sia considerato da
organizzazioni internazionali come
Human Rights Watch una dittatura al pari di
Corea del Nord ed
Eritrea sul piano della libertà di stampa. Secondo la posizione dell'
Unione europea sull’export di
armamenti, paesi noti per reprimere le
libertà individuali non dovrebbero ottenere licenze per le armi europee. Ma il
business, da sette anni, fa comodo a entrambe le parti: secondo i report ufficiali dell'
Ue, tra il 2010 e il 2017 il Turkmenistan ha comprato da Paesi Ue armi per
340 milioni di euro. Il 76% di queste (257 milioni) provengono dall'
Italia.
Dal punto di vista italiano, il
commercio è stato un primo passo per allacciare
relazioni politico-commerciali con un Paese ricchissimo di gas. L'Italia ha stretto accordi con l'
Azerbaijan per la realizzazione del Corridoio meridionale del gas, di cui il Tap è l'ultimo tratto. Anche il
Turkmenistan potrebbe diventare, attraverso il gasdotto transcaspico tra
Baku e
Turkmenbashi in costruzione, uno dei Paesi esportatori di
gas. Dal punto di vista turkmeno, le armi sono servite a tenere il passo dell’
escalation militare, cominciata proprio nel 2012. È stato l'inizio di una
tensione sotterranea nella regione, dove sette anni dopo, all’inizio 2019, c'è stata la prima esercitazione militare congiunta
Russia-Iran, le due indiscusse superpotenze della zona.
Chi, in
Turkmenistan, ha a disposizione le armi italiane? In che occasioni, fino ad oggi, sono state utilizzate?
Italian Arms, gruppo di ricercatori e giornalisti, è riuscito tramite fonti aperte a tracciarle durante
parate ed
esercitazioni. Italian Arms è un'iniziativa dell'agenzia di giornalismo olandese
Lighthouse Reports insieme giornalisti e ricercatori dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere di Brescia (
Opal), di
Report (Rai Tre), del centro italiano di giornalismo investigativo
IRPI e
di Bellingcat, consorzio di giornalisti d’inchiesta che pubblica il report completo con tutte le armi scoperte da Italian Arms. La ricerca parte dai
documenti ufficiali, ossia le esportazioni autorizzate dal
ministero dello Sviluppo economico, la relazione al
Parlamento sull'export delle armi e i documenti delle
dogane dove si rintracciano le vendite effettive di armi. Una mole di
documenti spesso difficile da leggere o incompleta.
Le licenze mancanti per gli elicotteri Agusta AW 109 - Agosto 2017. I militari del
Turkmenistan stanno svolgendo un’esercitazione militare al confine con l’
Iran. Tra i Paesi c’è tensione: si contendono dei
pozzi petroliferi sul Caspio. In un montaggio del video della tv di Stato, si vedono almeno tre elicotteri con
mimetizazzione militare che sparano. Gli stessi si vedono sorvolare piazza dell’Indipendenza, ad
Ashgabat, la capitale, durante la parata dell'ottobre 2016. Gli stessi sono stati trovati da Italian Arms anche due anni dopo. Gli
elicotteri sono prodotti dall’italiana
AgustaWestland, oggi gruppo
Leonardo. Di loro non c’è traccia sulle
autorizzazioni alle esportazioni militari dal 2003 al 2016. Possibile, visto che il mezzo è
definito multiuso e spesso esportato non per usi militari, come ad esempio il
pattugliamento con le forze di polizia. I dati del
SIPRI (
Stockholm International Peace Research Institute), think tank che traccia le
esportazioni di tecnologia militare, rintracciano la vendita di almeno tre (di un quarto non c'è una conferma al 100%) di questi
velivoli dall’Italia. Evidentemente non sono destinati a un
uso civile. Tre di loro, in un video messo online dall’opposizione al governo di Gurbanguly Berdimuhamedow, sparano.
Non sono gli unici
elicotteri made in Italy a disposizione delle
forze armate turkmene. Nel 2011 il nostro
ministero degli Esteri ha concesso una
licenza ad AgustaWestland (oggi incorporata in Leonardo) per l'esportazione di
cinque elicotteri AW-139 a uso militare verso il Turkmenistan. La
transazione commerciale si può confermare incrociando i dati dei ministeri degli Esteri, dell'Economia e quelli dell'
Agenzia delle dogane, i quali confermano inoltre l'avvenuto
pagamento e l'esportazione dei velivoli per un totale di 64 milioni di euro. Nei
documenti governativi non vi è traccia neanche di altri due velivoli made in Italy. Si tratta del
caccia da addestramento militare M-346 e dell'aereo da trasporto tattico
C-27 Spartan, entrambi di produzione Leonardo. Da siti web dedicati all'
industria bellica risulta che il presidente turkmeno
Berdimuhamedow abbia ispezionato entrambi i velivoli lo scorso 3 maggio. Da un'attenta analisi delle
immagini fotografiche e video possiamo affermare che il luogo dell'ispezione era la base militare di
Aktepe.
Le navi del Caspio - Ad agosto del 2018, i Paesi affacciati sul
Mar Caspio (Turkmenistan,
Iran,
Kazakhstan, Azerbaijan), su spinta di
Mosca hanno introdotto un nuovo accordo. Nessun Paese al di fuori di quelli
rivieraschi sarà autorizzato a mettere una base militare nel Caspio. Una
situazione che mette in condizione di vantaggio
Russia e Iran, le due superpotenze indiscusse della regione. “La
Nato avrebbe voluto avere un avamposto, in
Azerbaigian ma soprattutto in Kazakhstan, nazione che vanta un rapporto privilegiato con la Ue attraverso l'
Enhanced Partneship and Cooperation Agreement”, spiega
Fabio Indeo, analista per l'Asia centrale al
NATO Defense College Foundation. È l’epilogo di una lunga partita geopolitica cominciata - guarda caso - proprio nel 2012. All’epoca, per la prima volta nella sua
storia, il governo turkmeno ha condotto sul Caspio un’esercitazione militare. “La marina del
Turkmenistan simula la guerra nel Caspio ricco di gas”, titolava la
Reuters a marzo 2012.
Turkmenbashi è una città turkmena sulle rive del Caspio. Qui ha sede il
principale porto militare turkmeno. Italian Arms ha tracciato qui, a bordo di otto
pattugliatori classe Tuzla, cannoni 40L70 prodotti dalla
Oto Melara, altra azienda oggi inglobata nel gruppo Leonardo. Anche qui, come nel caso degli elicotteri della AgustaWestland, i
documenti delle nostre istituzioni non sono completi. Risulta infatti che il
ministero degli Esteri abbia concesso nel 2011 la licenza per la vendita di due cannoni 40L70 al Turkmenistan, per un valore complessivo di 6,9 milioni di euro.
Un esercito fantoccio - “Il Turkmenistan è un
Paese di cui si conosce pochissimo. Il
multipartitismo è una conquista recente e solo di facciata, in quanto i due partiti formalmente "di
opposizione" appaiono in realtà filo-governativi”. Il ricercatore del Ndcf
Fabio Indeo insiste sull’impenetrabilità del Turkmenistan. Il Paese è ben inserito nelle
trattative geopolitiche - in particolare per il gas - ma fuori dai radar di società civile e gruppi di
attivisti internazionali. Le notizie che arrivano sono frammentarie e incomplete. Quello che molti analisti dicono, però, è che l’
esercito turkmeno “è assolutamente inadeguato a gestire qualunque potenziale situazione di rischio, in particolare al confine con
l’Afghanistan”, sottolinea Indeo. Le armi di
fabbricazione europea - sofisticate e all’avanguardia - servono allo scopo da un lato di impressionare l’
opinione pubblica all’interno e dall’altro come potenziale deterrente per altri Paesi del Caspio dall’
attaccare avamposti turkmeni”, sostiene Indeo. Di che armi dispone l’esercito fantoccio? Ci sono - tra le altre -
300 fucili d’assalto ARX 160 e
120 pistole PX4 Storm. Le produce
Beretta, che con questa commessa ha incassato 3,8 milioni di euro. Si vedono dispiegate nelle
grandi parate trasmesse dalla tv di Stato.
Armi e trasparenza - Il modo in cui sono costruiti i
documenti governativi non aiuta a capire di che armamenti si tratti. Come visto in precedenza, in alcuni casi sono persino incompleti. Quando
Italian Arms ha chiesto chiarimenti all’ufficio del
ministero dello Sviluppo economico che si occupa delle licenze per l’export di armamenti per 15 milioni di euro, non chiari, la risposta ottenuta è che in
occasione di una richiesta sulle licenze autorizzate da questa
Autorità nazionale-UAMA, non forniamo questo genere di
informazioni”. Battaglie su regole più chiare nell’
export delle armi e stop alla vendita ai Paesi chiaramente in guerra è stata una delle battaglie di
vecchi parlamentari a Cinque Stelle, come il sardo
Roberto Cotti, proveniente dal mondo dei
pacifisti. A settembre 2018 l’argomento ha creato le prime tensioni nella
maggioranza giallo-verde, nonostante il “Blocco della vendita di armi ai Paesi in conflitto” sia uno dei punti del
Contratto di governo.
(Hanno realizzato la ricerca gli autori di Italian Arms)