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A Capodanno ci sentiamo più soli. Ma l’antidoto è a portata di mano

A Capodanno ci sentiamo più soli. Ma l’antidoto è a portata di mano
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Nel periodo delle feste natalizie aumentano i ricoveri ospedalieri in ambiente psichiatrico e il numero dei suicidi. Queste affermazioni, quando ero giovane medico, venivano considerate come scientificamente provate. Negli anni seguenti altre indagini hanno messo in evidenza come queste correlazioni statisticamente siano dubbie.

Una paziente di 78 anni, che ha perso nello scorso anno il marito, soffre molto in questo periodo perché avverte ancora più la mancanza dell’uomo con cui ha vissuto per oltre 40 anni. Un ragazzo di 33 anni mi racconta che sente acuirsi un senso di solitudine perché fa una sorta di consuntivo e scopre che un altro anno è passato senza che lui abbia realizzato i suoi sogni.

La solitudine attraversa tutte le età della vita. In molti momenti dell’esistenza può essere un elemento fecondo che permette di riflettere e trovare dentro sé ragioni di vita e spunti per cambiare qualcosa nei propri comportamenti. Purtroppo nella vecchiaia la solitudine diviene un’amara compagna di tante giornate. Nei momenti come il Capodanno, in cui tutti tendono a festeggiare, il senso dell’isolamento può acuirsi. La società della comunicazione ha aumentato a dismisura il numero dei messaggi che possiamo ricevere, ma proprio per la grande quantità si rischia di scadere nella qualità.

Anche quello che posso provare a scrivere in questo blog risulta ripetitivo, già sentito e incapace di fornire una bussola. Qualche lettore, che non conosco e che presumibilmente non conoscerò mai, può sentirsi infastidito perché pare molto difficile fornire una risposta al senso di solitudine esistenziale che sta provando. Dal momento in cui il cordone ombelicale con la madre è stato tagliato, il bambino sperimenta il senso dell’essere solo e mostra, attraverso il pianto che richiama le figure di accadimento, tutto il disagio di questa condizione esistenziale. Solo l’amore per gli altri potrà lenire il suo senso di solitudine. Quando riuscirà ad amare le persone che lo accudiscono o, come oggetto di transizione, una copertina o un peluche, sentirà lenito il suo isolamento e potrà addormentarsi.

L’antidoto alla solitudine è proprio l’amore. Non – come viene propagandato dalla società incentrata sull’Io – l’attenzione o l’amore degli altri verso di noi ma, piuttosto, il nostro amore verso qualcosa che non sia il noi egoistico. Se amo una persona, un progetto, un ideale o un’idea, sia essa religiosa o laica, sentirò di appartenere a qualcosa che va oltre la mia individualità e non proverò la solitudine. O meglio potrò sperimentare una solitudine reale, ma a livello esistenziale mi sentirò unito, riprendendo gli esempi citati, al mio ex marito morto o ai sogni per la mia vita. Il mio augurio per il nuovo anno è che ognuno di noi riesca a evitare la chiusura nei suoi bisogni per aprirsi all’amore verso una persona, un’idea, un progetto o un sogno.

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