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Cesare Battisti, dall’ergastolo per quattro omicidi alla latitanza all’estero: le tappe della vicenda

Un caso, quello dell'ex terrorista di sinistra, che va avanti da oltre 30 anni e che ha conosciuto più fasi: dal soggiorno francese sotto la "dottrina Mitterand" alla fuga in Brasile fino all'estradizione bloccata dal presidente Lula
Cesare Battisti, dall’ergastolo per quattro omicidi alla latitanza all’estero: le tappe della vicenda
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Quella del giudice del Tribunale Supremo brasiliano, Luiz Fux, su Cesare Battisti è una decisione che apre la via a un’estradizione che l’Italia ha richiesto allo stato sudamericano da più di dieci anni, senza però trovare accoglienza. La consegna dell’ex membro del Pac (Proletari Armati per il Comunismo) rappresenta una delle promesse che il presidente brasiliano eletto Jair Bolsonaro, che si insedierà il prossimo 1 gennaio, aveva pronunciato durante la campagna elettorale all’indirizzo delle autorità italiane.

Condannato in contumacia all’ergastolo in Italia, per quattro omicidi risalenti alla metà degli anni Settanta, l’ex membro del gruppo Proletari Armati per il Comunismo si era inizialmente rifugiato in Francia, doveva aveva vissuto dagli anni Ottanta, protetto dalla “dottrina Mitterrand”, secondo cui la Francia non avrebbe valutato “la possibilità di non estradare cittadini di un Paese democratico autori di crimini inaccettabili”. In Brasile dal 2004, Battisti fu arrestato nel 2007 e rimasto nel carcere brasiliano di Papuda, a Brasilia, fino al giugno 2011.

Nel 2009 il Tribunale Supremo Federale (Stf) aveva autorizzato la sua estradizione in Italia, ma la decisione fu bloccata dal pronunciamento dell’allora presidente Luiz Inacio Lula da Silva che, alla fine del suo mandato, il 31 dicembre 2010, gli concesse lo status di rifugiato. Dopo la decisione da parte della Stf di respingere un ricorso dell’Italia, Battisti è stato scarcerato, ottenendo in agosto il permesso di residenza permanente.

Il presidente brasiliano uscente Michel Temer, che si è insediato dopo l’impeachment della presidente Dilma Rousseff, erede politica di Lula, aveva manifestato l’anno scorso l’intenzione di estradare Battisti in Italia. In questo quadro, il 4 ottobre 2017 Battisti fu fermato a Corumbà, nello stato di Mato Grosso del Sud – alla frontiera con la Bolivia – mentre cercava di attraversare il confine con dollari ed euro non dichiarati. Accusato di voler fuggire dal Brasile, è stato privato del passaporto ed ha l’obbligo di residenza nello stato di San Paolo.

Il 13 ottobre 2017 una sentenza dello stesso giudice Fux aveva stabilito che la magistratura non può revocare quanto deciso da Lula, a meno di una pronuncia della prima sezione dell’Stf. Ma da allora la prima sezione non è stata investita del caso. Nel frattempo il procuratore generale brasiliano della Repubblica, Raquel Dodge, ha argomentato che la decisione di non estradare Battisti era “un atto altamente politico”. Una tesi accolta oggi dal giudice Lux che, sottolineando la natura “strettamente politica” di quella decisione, ha quindi affermato che il nuovo presidente potrà rivederla. “È nella stessa natura degli atti prodotti nell’esercizio del potere sovrano la loro reversibilità”, ha affermato il togato.

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