Racconta Carlo Verdone che a metà degli anni 90 venne invitato a cena dall’allora presidente del Senato, Carlo Scognamiglio, desideroso di conoscere le eccellenze italiane nel campo della scienza, del cinema, del teatro e della musica, assieme a personalità importantissime quali Sergio Zavoli, Uto Ughi, Alberto Sordi, Monica Vitti, Rita Levi Montalcini.

“A un certo punto, il presidente Scognamiglio ci dice che ‘poi avremo l’onore di assistere al Maestro Uto Ughi, che suonerà una cosa per noi’. A quel punto Sordi se ne esce con una battuta che mi lasciò senza fiato: ‘Ma non si metterà a fare quelle cose ti-ti-ri-ti-ti-ti-ti che nun se capisce niente?’. Ma, anche se fosse stata musica dodecafonica, insomma, è pur sempre Musica Colta. E tutti guardarono Sordi male…”.

Ma che colpa poteva avere Alberto Sordi? Del resto, per sua stessa ammissione, il grande attore era rimasto a Gioachino Rossini! È vero però che la cosiddetta “Musica Colta” pare essere apprezzata solo da una ristretta élite, motivo secondo alcuni sufficiente per giustificarne il disinteresse o la messa al bando dai media di settore.

Al contrario di tantissime banali e insignificanti canzoni che però ottengono milioni di visualizzazioni su Youtube. “Se hanno così tanti ascolti, varranno pur qualcosa, è il leitmotiv in questi casi. Basterà ricordare momenti del recente passato in cui venivano acclamati spietati dittatori”, afferma Paolo Tarsi, musicista e scrittore, autore del bel libro L’algebra delle lampade – Musica colta da culture incolte con cui tenta di riaffermare la cosiddetta musica classica contemporanea, “un Olimpo tra il mondo degli dei e quello degli uomini”.

Una pubblicazione senza alcuna ambizione esaustiva, che l’autore scrive a seguito di “interminabili anni di studio in conservatorio, una clausura durata dieci anni”, durante i quali ha ascoltato e praticato soprattutto la musica classica e ultimati i quali però si rende conto “di aver perso di vista le ultime tendenze. Colte e non”. E questo libro si ricongiunge a quel periodo di apprendistato solitario che gli ha permesso di recuperare il terreno perduto “al riparo dagli antiquati programmi ministeriali”.

Nella prima parte del libro sono racchiuse 52 schede dedicate a dischi di musica colta contemporanea: si inizia con Sylvano Bussotti, artista poliedrico, che si avvicinò alla musica e alla filosofia compositiva di John Cage, e alle sue esigenze di superare i limiti del pentagramma. Un musicista impegnato in prima linea, assieme a Yoko Ono e ad altri artisti, tra i quali i Sonic Youth, a sabotare il sistema di notazione tradizionale. Si prosegue con Tōru Takemitsu, Fausto Romitelli, John Cage, Gustav Mahler, Cristina Zavalloni e tanti altri.

La struttura di quest’opera, scritta senza esagerazioni nei tecnicismi e utile per avere un’infarinatura su musicisti esponenti di un tipo musica troppo spesso bistrattato, è stata suggerita a Tarsi dalla visione dei video di due brani dei Beatles: Stawberry Fields Forever e Pennylane girati presso la Knole House. Si tratta di una residenza in stile Tudor della seconda metà del XV secolo, situata nella contea del Kent, nell’Inghilterra sud-orientale, e si compone di 365 stanze (come i giorni dell’anno), 52 corridoi (come le settimane dell’anno) e 7 cortili (come i giorni della settimana). Motivo per cui nella prima parte del libro sono racchiuse 52 schede dedicate perlopiù a dischi di musica colta contemporanea, mentre la seconda comprende una serie di 7 interviste ad artisti provenienti dal progressive, dal krautrock, dal post-punk, dalla new wave, dalla drone music, dal nu jazz e dall’hip hop. Nella terza e ultima parte è riportato, infine, un lunario di 365 dischi dedicato non solo a composizioni colte, ma anche ad album rock, jazz, fusion, all’elettronica, all’ambient e alle colonne sonore.

Una sorta di prezioso almanacco musicale, con un ascolto consigliato per ogni giorno dell’anno volto a sottolineare l’influenza esercitata dalle avanguardie colte sui linguaggi pop.

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