Oggi, oltre il 60% delle case editrici, piccole e grandi, è tra Milano, Roma e Torino. Ha senso avere sede in queste città, per le fiere, per la logistica, per i festival, per gli incontri. Treni veloci, corrieri e magazzini. Perché se vuoi incontrare un grande autore a Roma e Milano è più facile. Perché se hai una casa editrice a Potenza o Caltanissetta e già difficile da raggiungere solo per firmare il contratto. Eppure ho conosciuto all’ultimo Salone del Libro di Torino un editore veneto: Ronzani Editore.

Sede Monticello Conte Otto. E dov’è? Dieci chilometri da Vicenza, un paese di novemila abitanti. Una casa editrice di provincia. Quando incontro il suo direttore Beppe Cantele, quasi non ci capiamo, entrambi parliamo nella lingua delle nostre terre, e sottolineo lingua. Gli dico: “Una casa editrice polentona”. Lui sorride orgoglioso e vuol che i suoi libri finiscano in uno scaffale della nostra libreria a Scampia. Credo che abbia senso parlare della Ronzani Editore perché tutela la bibliodiversità. Perché nel catalogo di questi ostinati amanti del libro vicentini ci sono libri che non avrebbero posto e senso nelle immense proposte dei mega marchi.

E come se Beppe e il suo team tutelassero specie protette di scrittori, carte, inchiostri e storie. Una slow food dell’editoria. Quelli che finirebbero nel dimenticatoi perché: “bella idea, bella storia, però non si vende e noi non possiamo permetterci di investire due o tremila euro, in un libro che non si vende. Ha senso per il mondo della cultura, per chi ama il libro, ci piace ma non lo facciamo perché non si vende”. I tipi di Ronzani editore sono coraggiosi, perché editano volumi rischiosi. Ma che senso ha fare l’editore, cioè colui che rende pubblica un’idea, una storia, una riflessione, se non si ha coraggio di parlare al pubblico, seppur ristretto, della propria idea di mondo?

Altrimenti una casa editrice finisce per essere una macelleria di parole e pagine, niente di più. Polentone non è un epiteto, non sta ad indicare la provenienza geografica o un essere lento e goffo nei movimenti e nei pensieri. Editoria polentona indica chi prova a pubblicare libri nella propria terra, chi prova a valorizzare ciò che ha intorno, le proprie radici. Mi stupisce la capacità di Ronzani Editore di promuovere volumi che raccontano dell’arte tipografica, dell’arte nera. Vedi “l’Abc di un Tipografo” di Jost Hochuli. Mentre le tipografie chiudono si pubblicano libri e saggi dedicati a quest’arte che sta scomparendo. È anacronistico? È inutile? Insensato? E invece no! È una barricata, una resistenza culturale. Oppure il saggio “Hague e Gill sulla stampa” di Eric Gill, inventore del carattere Gill Sans, e del suo genero René Hague.

Un piccolo libricino impaginato con coraggio, sbandierato, con un font come Johanna pochissimo utilizzato in Italia. Insomma, provano a rivoluzionare l’editoria non solo nei contenuti, ma anche nella forma. Impaginazione, tipo di carta, font. Spaccano le gabbie dei moderni software, dove grafici ed editor trovano paradisi protetti, per camminare sui carboni ardenti dell’editoria rischiosa che molti ancora non comprendono. I tipi di Ronzani si fanno domande. Ha senso la giustificazione? Perché in Italia utilizziamo prettamente un font come Garamond, inventato più di 400 anni fa? Perché utilizziamo tutti la stessa carta, usomano (più economica)? Ronzani tutela queste diversità, Ronzani è una casa editrice sinestetica, nel senso che all’esperienza della lettura di contenuti aggiunge la fusione di altre esperienze, tattili in primis.

E poi pubblicano poesia. Ma come, direte, poesia? Ma non si vende la poesia. La poesia è a pagamento. Non c’è ricerca nella poesia, ma solo ed esclusivamente vanità di chi spesso non conosce nemmeno Carducci. Ronzani invece ha provato a ragionare non tanto sulla poesia in quanto testo, ma sul modo di renderla fruibile. Hanno inventato i “Monodose” 50 poesie stampate a mano in cinque scatoline dal packaging nobile e ricercato. Non c’è più il libro, c’è un grammo di poesia che un poeta ha scritto per noi e un tipografo l’ha stampato con le sue mani, con la sua forza. La poesia diventa un talismano da far passare da persona a persona. Quando andate alle fiere, fermatevi a parlare con gli editori che hanno fatto 3 o 400 chilometri per essere lì, con gli editori che non mandano i librai di zona, con gli editori che non pagano le hostess. Parlate con gli editori coraggiosi, che ancora voglio raccontare la propria idea di mondo.

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