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Intelligenza Artificiale: poveri senza lavoro e ricchi più potenti. C’è chi chiede più tasse

Kai-Fu Lee crede che le AI di nuova generazione faranno arricchire poche aziende mettendo milioni di persone a rischio povertà. La soluzione potrebbe essere una tassazione ad hoc.
Intelligenza Artificiale: poveri senza lavoro e ricchi più potenti. C’è chi chiede più tasse
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Il divario tra ricchi e poveri aumenterà ancora e l’Intelligenza Artificiale potrebbe essere una delle cause. A suggerirlo è Kai-Fu Lee, ex dirigente di Microsoft e Google ed esperto nel settore della ricerca sulla AI.

Una voce fuori dal coro, quella di Lee, nell’ambito di una conferenza che idealmente vuole celebrare la rivoluzione AI e i molti benefici che può portare al genere umano – in effetti è opinione comune che entro qualche decennio il nostro mondo sarà del tutto sconvolto dagli algoritmi intelligenti.

Kai-Fau Lee (Foto Credit: SheilaShang)

 

“Credo che l’AI esacerberà la ricchezza e l’iniquità … in fondo ci sono le persone, quelle i cui lavori saranno sostituiti perché lì farà un’AI, e così sarà raddoppiato l’effetto di dare più ricchezza ai ricchi … e allo stesso tempo si creeranno dei magnati dell’AI che deruberanno i più poveri”.

Non è certo un discorso nuovo, anzi è stato detto più volte che le prossime generazioni di AI finiranno per ridurre la quantità di lavoro disponibile in tutto il mondo. In genere si risponde guardando al passato, alle altre rivoluzioni industriali e tecnologiche: siamo sempre riusciti a creare nuove occupazioni per gli esseri umani, superando quella che al momento sembrava un’apocalisse annunciata. Ma non è detto che questo meccanismo debba ripetersi all’infinito.

La situazione attuale e l’immediato futuro, infatti, potrebbero non confermare quanto ci insegna la Storia. Lee, nota nel suo libro Ai Superpowers: China, Silicon Valley, and the New World Order (in uscita tra alcune settimane) che solo pochi potranno davvero sfruttare il potenziale di questa rivoluzione: ci vuole molto denaro, molti dati e molti scienziati specializzati. Il che esclude tutti tranne alcune multinazionali. Secondo Meredith Whittaker, un’altra ricercatrice del settore, in effetti sono solo sette le aziende del mondo che potrebbero farlo.

Lee prevede la nascita di nuovi monopoli impossibili da controllare. Semplicemente, le prime grandi aziende che riescono a entrare in partita accumulano un vantaggio troppo grande per i concorrenti ritardatari. Ma allo stesso tempo, solo pochi possono iniziare subito a giocare.

Le dichiarazioni di Lee rimandano nemmeno troppo velatamente alla “minaccia esistenziale” rappresentata dall’AI. Uno sviluppo troppo veloce e incontrollato, senza un rigoroso controllo etico a opera di uno o più governi, potrebbe portare a conseguenze drammatiche. E i primi a doversi preoccupare sono i lavoratori, perché l’effetto più immediato sarà che i grandi capi d’azienda sfrutteranno le AI per arricchirsi, andando a risparmiare proprio sul costo del lavoro. In altre parole: si licenziano esseri umani e si assumono robot, con un enorme profitto immediato.

È senz’altro vero, d’altra parte, che l’AI ha anche il potenziale contrario, cioè quello di aiutare i più poveri a uscire dalla loro condizione. Tuttavia allo stato attuale le prospettive lasciano pensare che accadrà il contrario, cioè che i ricchi saranno più ricchi e i poveri più poveri. L’ipotesi è che chi potrà sfruttare questa occasione si mostrerà più probabilmente un egoista che un filantropo.

A tal proposito Lee sposa una tesi già espressa da Bill Gates, Elon Musk e altri. Imporre una “tassa sui robot” che renda possibile un redistribuzione della ricchezza. “Credo che intenda (Bill Gates) tasse molto alte per aziende con profitti molto alti. Alcuni parlano di redditto universale di base (Universal Basic Income, UBI). Credo che quella sia un’idea sbagliata, ma è un ottimo punto di partenza”.

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