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Precari, a essere instabile non è solo il lavoro. Abbiamo scelto una politica per l’Inferno

Precari, a essere instabile non è solo il lavoro. Abbiamo scelto una politica per l’Inferno
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di Massimo De Minicis

“It is from the champions of impossible rather than the slaves of the possible that evolution draws it’s creative force”
Barbara Wootton

In Italia negli ultimi 30 anni per il precariato è stata scelta una “politica per l’inferno”. Una politica caratterizzata da un aumento frenetico della liberalizzazione delle istituzioni del mercato del lavoro che ha massificato l’impiego di contratti di lavoro radicalmente contingenti. Questa dinamica, energicamente accelerata dagli ultimi due governi di centro-sinistra (2014-2018), ha  determinato una crescente insicurezza non solo tra gli esclusi ma anche tra gli inclusi del mercato del lavoro.

Si è generata, così, una evidente incertezza nel comprendere i confini tra il lavoro dipendente e altre prestazioni di carattere autonomo o gratuito. La fessurizzazione e contingenza delle attività lavorative ha così determinato una netta divaricazione tra la prestazione lavorativa e il salario percepito. Se prima della grande flessibilizzazione del lavoro contemporaneo, il contratto di lavoro era uno strumento capace di fissare il livello di una forma reddituale soddisfacente, anche mediante l’attivazione di uno status assicurativo permanente, nei lavori contingenti il contratto appare una semplice quietanza di pagamento per le prestazioni effettuate.

Si è generata, così, una costante insicurezza reddituale che ha prodotto rabbia ma soprattutto alienazione, scatenando inaspettate conseguenze sul piano elettorale. La deregolamentazione del lavoro, interpretabile come un generale contenimento salariale, ha  minato, così, non solo la sicurezza economica ma anche quella esistenziale, alterando l’equilibrio della basic security, “Recent researh has shown that lack of basic security impairs mental as well as phisical health, triggers various psycological disorders and reduces short – term intelligence, or mental bandwidth”.

La questione, quindi, non è più quella di determinare transizioni positive verso il mercato del lavoro, il problema sta proprio nel mercato del lavoro. La sua destrutturazione ha trasformato radicalmente e semanticamente la sua natura in un mercato dei lavori. Un Jobs Market delle singole gigs (prestazioni) a basso livello reddituale e a scarsa durata temporale. Al livello di fessurizzazione e impoverimento del posto di lavoro contemporaneo a cui siamo giunti, quindi, il lavoro non copre più dai rischi di povertà e indigenza (Fig 1).

Fig.1 – In-work at-risk-of-poverty rate, Anno 2016 (%)

Fonte: nostra elaborazione su dati  EU-SILC

A questo punto le alternative sono due: reintrodurre regole per rendere più protetto il mercato del lavoro o strutturare, in breve tempo, una forma di sicurezza reddituale di base permanente, spostando le risorse finanziarie dalle politiche di attivazione alle politiche di redistribuzione.

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