Sono una fan del cammino, per dare aria ai pensieri e cambiare prospettiva, consapevole che rallentare sia la via per essere presenti. Nel 2017 ho fatto il Cammino di Santiago, da Saint-Jean-Pied-de-Port a Sarria. Bello, attrezzato, accogliente. Ben segnalato, con la concha (la conchiglia che marca il sentiero) sulle case e sull’asfalto, agli svincoli. Difficile perdersi. Per i pellegrini c’è sempre qualche struttura dove alloggiare, comunale o privata (dai 5 ai 10 euro), un posto dove mangiare (menù fisso ovunque e abbondante a 10 euro con bottiglia di vino annessa). E soprattutto, a parte qualche tratto nelle mesetas, si cammina lontani dalla strada e dai suoi pericoli. Senza contare che il traffico in quei posti nel Nord della Spagna è ridicolo se paragonato a quello dell’Italia. Insomma, cammini e sei sereno, anche economicamente. Sai che tra cibo e pernottamento, spendi dai 20 ai 30 euro al giorno.

Ieri ho fatto la mia prima prova su strada – letteralmente – della Francigena. Da Pavia a Corteolona. Si parte dal centro storico, poi è tutta campagna e paeselli. Tanto verde, tanti campi. E tanto, tantissimo asfalto. Il pellegrino cammina ai margini della strada, stretta, dove spesso due macchine insieme non riescono a passare. Per non parlare dei camion cisterna o di quelli che trasportano animali, balle di fieno (e magari ti suonano anche perché, come te, sono sull’asfalto), furgoni e furgoncini, auto e scooter. Tutti di fianco a te, pellegrino. E allora capisci perché in tempi antichi, quando fare un pellegrinaggio voleva dire andare incontro a pericoli e imprevisti, si faceva testamento. Si sa mai.

Poi viene il nodo strutture. Ferma in un paese sul tragitto, ho chiesto se di pellegrini se ne vedessero. “Eh, sì, alla mattina, passano in gruppo o almeno in due. Ce n’è, ce n’è”. Ah, bene. E a dormire dove vanno? “Mah, qui lavoro molto con l’albergo dei pellegrini che c’è più avanti”, mi dice un ristoratore. Beh, fantastico. Una notte quanto costa? “35 euro“. Ritiro l’entusiasmo. Più avanti sul percorso chiedo a un altro bar. “Sì, di gente a piedi ce n’è, ma sono soprattutto stranieri“. E dove dormono la notte? “Si fermano qui a colazione e non parlano italiano, quindi non sappiamo, non gli parliamo. Le chiese magari li fanno dormire lì, ma non lo sappiamo. Però hanno la tenda dietro, zaini enormi”. Capito. Campeggiano dove capita e dove si può. Il paradosso è che in un paesino non lo sappiano. E non sanno neanche che potenziale possa avere un cammino del genere, se solo ci fossero strutture e servizi di accoglienza. Ma lo sapete che potrebbe creare migliaia di posti di lavoro, e anche il vostro bar andrebbe meglio? “Ma qui siamo in Italia, normale che le cose vadano così”. No, non è normale: anche il cammino di Santiago è partito da zero. I dati pubblicati da Camminando.ue sono chiari. Ne 1970 solo 68 pellegrini arrivati a Compostela. Nel 2017 è record: sono 301.036 (qui tutti i numeri). Il percorso è stato indicato bene, in modo chiaro, mentre sulla Francigena dove ho camminato le indicazioni sono affidate alla segnaletica marrone (e al bivio dove vado?) e da minuscoli adesivi attaccati ai pali dei divieti di transito o d’accesso. Insomma, senza occhiali non avrei visto niente. E negli anni sono state costruite strutture, servizi, dalla Navarra alla Galizia. Hanno capito che funziona, che crea un indotto altrimenti impensabile per quei territori.

Tanti italiani preferiscono prendere un aereo e andare a Santiago piuttosto che aprire la porta di casa e imboccare la Francigena, per la spesa e le difficoltà logistiche. Ma avere una Francigena servita e attrezzata che scorra di fianco e non insieme alle auto attirerebbe tanti, tantissimi turisti/pellegrini. Italiani e stranieri. Bisogna investire creando una via adeguata, che richiami su di sé curiosi, pellegrini, trekkers, camminatori. Bisogna sensibilizzare e informare il territorio, creare sgravi fiscali e agevolazioni per chi decide di aprire un’attività per pellegrini (che hanno una capacità media di spesa inferiore rispetto al turismo tradizionale e soprattutto la loro “vacanza” dura parecchie settimane, anche mesi). Trasmettere l’idea che quella via – storica, antica, solcata dalle moltitudini nel corso dei secoli –  è una risorsa economica per chi ci vive vicino, che crea nuovi luoghi di aggregazione, posti di lavoro. Dà nuova vita a tanti paesini svuotati e cristallizzati dalla noia. Vedere passare da lì camminatori entusiasti e curiosi non può che essere uno stimolo per regalare ai locali una prospettiva diversa da quel piccolo mondo in cui vivono, abituato a pochi stimoli e ancor meno a scambi con chi viene da lontano.

Il cammino di Santiago ha rivitalizzato intere regioni. I dati parlano di un indotto di 55 milioni nel 2004, che dieci anni dopo è arrivato a 200 milioni. E noi, cosa aspettiamo? Magari ce lo possono spiegare l’European Institute of Cultural Routes – istituzione promossa dal Consiglio d’Europa – e Gianmarco Centinaio, ministro del Turismo. Che, guarda caso, è proprio di Pavia.

(foto scattate sulla Francigena da Pavia a Corteolona)

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