Qualche commentatore (ad esempio, Alberto Melloni su La Repubblica) ha molto enfatizzato il riferimento critico che il Papa ha fatto al clericalismo nella sua “lettera al popolo di Dio” ispirata dalle recenti rivelazioni sui crimini sessuali del clero. Innanzitutto va detto che si tratta di poche righe all’interno di un testo che presenta, per il resto, una lettura inadeguata e puramente spirituale della vicenda della pedofilia clericale, tutta centrata sul pentimento, la preghiera e il digiuno, ovvero su quelle medicine spirituali dispensate a piene mani lungo i decenni dai vescovi che coprivano pedofili e gli abusatori.

In secondo luogo, si tratta di un riferimento vaghissimo e totalmente incongruente con la strategia che Francesco ha deciso di seguire sul tema. Riferendosi al clericalismo infatti il pontefice ha evocato “un modo anomalo di intendere l’autorità nella Chiesa […]” che “non solo annulla la personalità dei cristiani, ma tende anche a sminuire e a sottovalutare la grazia battesimale che lo Spirito Santo ha posto nel cuore della nostra gente. Il clericalismo, favorito sia dagli stessi sacerdoti sia dai laici, genera una scissione nel corpo ecclesiale che fomenta e aiuta a perpetuare molti dei mali che oggi denunciamo. Dire no all’abuso – ha concluso sul punto il papa – significa dire con forza no a qualsiasi forma di clericalismo”.

Sono parole che sentiamo pronunciare da tantissimi anni (anche, e spesso, dal predecessore tedesco di Bergoglio) e sono parole giuste e vere. Il punto è: cosa deve fare la Chiesa concretamente per risolvere il problema del clericalismo? Una prima via è quella di insistere sulla preghiera, la penitenza, la conversione al Vangelo: tutte azioni meravigliose ed edificanti sotto un profilo spirituale ma, temo (e non sono il solo a nutrire questo sospetto), totalmente inefficaci sul piano pratico, inadatte a produrre il gigantesco cambiamento che sta dinanzi alla Chiesa Cattolica, se essa avesse davvero deciso di cambiare strada.

La seconda via è, ahimè, molto più dolorosa, anche se decisamente più esaltante sotto il profilo dei risultati che consentirebbe di ottenere. Essa consiste nell’agire razionalmente e nel pensare che il problema del clericalismo si risolve riducendo la distanza che oggi separa il laicato dal clero cattolico e che tale distanza possa essere accorciata se si riducono drasticamente i privilegi e le risorse di potere del clero.

Non è difficile individuare i modi attraverso i quali questo può avvenire. Si potrebbe, ad esempio, iniziare a sottrarre del tutto ai parroci il governo delle parrocchie, privandoli di quelle funzioni di governo (finanziario e pastorale) assoluto e monocratico di cui beneficiano oggi. Si potrebbero, introducendo un importante elemento di democrazia, rendere eleggibili i vescovi. Si potrebbero, sostituendoli con strutture formative aperte e trasparenti, chiudere i seminari, istituzioni della controriforma nel quale il clericalismo come spirito di casta viene ancor oggi esaltato e coltivato. Si potrebbe soprattutto cancellare la norma sulla quale il clericalismo viene oggi maggiormente fondato (e che è anche alla base della stragrande maggioranza dei crimini sessuali del clero) e cioè il celibato obbligatorio. E’ proprio la castità presunta del clero, con tutto il corollario di purezza, sacralità, sovrumanità che ad essa si accompagna, a stabilire la principale premessa del clericalismo. E’ l’idea che il prete sia in grado di fare quello che a nessuno di noi riesce e cioè domare i propri istinti sessuali sublimandoli nella preghiera e nell’amore degli altri a farci pensare che sia una creatura speciale, una persona che Dio ama di più di quanto di ami noi, una sorta di anello di congiunzione tra l’umano e il divino che merita rispetto e venerazione.

Questa è la principale sorgente del clericalismo. Ed è questa la questione che Francesco non ha mai avuto il coraggio di affrontare, dimostrandosi fino in fondo prigioniero della logica che pure ha denunciato. Se lo facesse forse crollerebbe la Chiesa, ma il cristianesimo potrebbe vivere una stagione nuova e rinnovata. All’insegna della verità e del coraggio.

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