di Alexis Bonazzi

Sono in ritardo galattico a scrivere questo post, ma ho lavorato parecchio ultimamente. Perché?! Anche le persone trans lavorano?! Sì e sono pure fortunata sapendo che, secondo un recente sondaggio accessibile al sito crosslandsolicitors.com, in Uk circa il 43% dei datori di lavoro non sarebbe disposto a farmi lavorare in quanto tale. Ma non siamo qui a parlare della mia carriera. Chi di voi abbia aperto una qualsiasi pagina di giornale (anche L’Avvenire lo ha riportato) avrà notato che lunedì 18 giugno l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha deciso – finalmente – di togliere il transgenderismo e il transessualismo dalla propria lista dei disordini mentali. A dire la verità ci stavano pensando dal 2016. Beh, meglio tardi che mai, direi a questo punto.

La loro decisione arriva qualche mese dopo un comunicato del Royal college of psychiatrists nel quale si dichiara come non sia più accettabile paragonare la disforia di genere a una malattia mentale e che si conclude dicendo anche: “Il Royal college of Psychiatrists considera l’uso di terapie di conversione nei confronti di gay, lesbiche, bisessuali e trans come una violazione dell’Equality act del 2010”.

Quest’ultimo act citato va a tutelare i cittadini che fanno fronte a discriminazioni di vario genere, comprese quelle a sfondo sessuale e relative all’identità di genere dell’individuo. La lista dell’Oms è lunga e varia e comprende molte pratiche riguardanti la sfera sessuale (riportati in sezione F65), tra cui feticismo, esibizionismo, sadomasochismo e altri comportamenti che non ci farebbero pensare a disturbi mentali in quanto ampiamente diffusi anche in Italia.

Questa decisione è stata presa anche per aiutare le persone transgender e transessuali ad accedere alle cure mediche che necessitano in maniera più rapida e per alleviare quella cortina di vergogna e stigma che accompagna molte persone trans. Veniamo però al piatto principale. Che peso avrà la decisione dell’Oms sulla società (in)civile? Sarò ancora etichettata come malata di mente? Pervertita? Oppure una decisione del genere porterà a un dibattito collettivo serio sull’argomento?

Non so voi, ma io un’idea ce l’ho e per quanto mi piaccia credere che le mie parole possano smuovere qualcuno a informarsi non sono convinta ciò possa accadere facilmente in una società che si sta dividendo sempre più, tanto da somigliare a uno stadio con relative tifoserie. Un clima sempre più ostico nei confronti di chi non vuole arrendersi al pensiero di vivere in un corpo che non si allinea alla propria identità, o di chi vuole finalmente amare apertamente una persona dello stesso sesso.

Siamo maturi abbastanza per una conversazione del genere? L’ultima volta che ho controllato eravamo ancora un Paese dove Fratelli d’Italia avviava un’interrogazione parlamentare per far annullare la trascrizione degli atti di nascita dei figli delle coppie omosessuali. Un Paese dove il neo eletto ministro dell’Interno propone un “censimento” dei Rom. Questa gente è a piede libero ma fino alla settimana scorsa la malata mentale ero io? Mi domando quando arriverà anche il censimento per la comunità Lgbtq+. Spero non arrivi mai, perché i miei Fratelli e Sorelle d’Italia (quelli veri, mica Giorgia Meloni eh?) non lo permetteranno mai ma, se mai ci sarà, almeno spero che di fianco al mio nome, nella casella che indica il sesso, ci sia la lettera F!

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