Sono numerose le critiche alla c.d. pace fiscale: c’è chi paventa una violazione dell’equità fiscale e l’aumento delle disuguaglianze e chi invece esclude che possano essere raccolte somme significative per il bilancio pubblico. Queste opinioni devono essere tenute tutte in debito conto per la loro autorevole fonte e per le pregiate argomentazioni che le sostengono, ma quello che il governo Conte cercherà di affrontare – e auspicabilmente risolvere – è un problema pubblico di eccezionale gravità che sta acutizzando le tensioni sociali già in atto da almeno un decennio.

Quanti sono i contribuenti che, pur avendo dichiarato fedelmente la propria capacità contributiva, non riescono a pagare i tributi che loro stessi hanno liquidato? Penso a chi è in crisi di liquidità – perché attende che siano soddisfatti i crediti vantati nei confronti dei clienti (o magari dello stesso Stato) – e dà la priorità agli stipendi dei dipendenti per garantire loro il sostentamento.

Una indulgenza per tornare a sorridere (e a pagare i tributi futuri)
“Chiudere da subito tutte le cartelle esattoriali di Equitalia […] per liberare milioni di italiani incolpevoli ostaggi e farli tornare a lavorare, sorridere e pagare le tasse”. Salvini fa propaganda quotidianamente, ma in questo caso le sue parole sono estremamente efficaci perché riescono a focalizzare l’attenzione sul punto centrale della questione.

Le statistiche sui suicidi per la crisi sono impressionanti: 348 nel biennio 2008-2009, 201 nel 2014 e 189 nel 2015. Questo è il dato generale, ma molto spesso i quotidiani danno notizia di contribuenti che si tolgono la vita perché non riescono a far fronte ai debiti erariali. Il nostro ordinamento già conosce istituti che consentono a consumatori e imprenditori “non fallibili” di ristrutturare i propri debiti: gli strumenti previsti dalla legge n. 3 del 2012 – non a caso detta “Salva Suicidi” – consentono l’abbattimento del debito e/o la dilazione dei pagamenti in maniera tale da consentire la loro sostenibilità economico-finanziaria. Accordo di esdebitazione, piano del consumatore e liquidazione del patrimonio permettono la prosecuzione dell’attività lavorativa imprenditoriale o professionale e hanno il fine ultimo di preservare la dignità del debitore e del suo nucleo familiare. Il limite di questi istituti è che essi risolvono casi singoli, mentre è oggi avvertito come indispensabile un intervento di portata generale.

Di cosa stiamo parlando?
Non conosciamo la disciplina della pace fiscale perché ancora non esiste. Al momento disponiamo soltanto di annunci (di Salvini e Siri), programmi (della Lega e del Governo del Cambiamento) e una proposta di legge depositata durante la precedente legislatura (atto Camera n. 3170 del 15 giugno 2015). A quanto è dato comprendere, potranno accedere alla misura soltanto piccoli contribuenti – persone fisiche esercenti attività di impresa, professionisti o “privati” – che versino in situazioni – eccezionali e involontarie, si dichiara nel programma gialloverde – di obiettiva difficoltà economica.

Saranno prese in considerazione le sole somme dichiarate ma non versate e iscritte a ruolo fino al 2014. Il debito non potrà superare una certa soglia: inizialmente si è parlato di 200.000 euro, ora Salvini dichiara che non potranno essere superati i 100.000 euro. Come sarà calcolato tale limite? Comprenderà soltanto l’importo del debito originariamente iscritto a ruolo oppure dovranno essere computate anche le somme dovute a titolo di sanzioni interessi e spese? Per questa ridotta platea di contribuenti sarà realizzata una sorta di “saldo e stralcio”, con abbattimento della somma dovuta fino al 25%, 10% o 6%, a seconda della situazione patrimoniale, reddituale e familiare del contribuente.

Le interferenze con le rottamazioni
E’ assai probabile che il provvedimento (decreto legge? progetto di legge?) venga approvato in tempi brevi. Da più parti si sostiene che la pace fiscale possa creare distorsioni rispetto alle misure condonistiche dell’ultimo biennio (le c.d. rottamazioni della cartelle esattoriali), in particolare in relazione alle rate ancora non versate. Il perfezionamento di tali definizioni agevolate – con conseguente estinzione del debito – si realizza soltanto con il pagamento integrale e tempestivo delle somme rateizzate. Sarebbe pertanto forte la tentazione di abbandonare questo percorso per beneficiare della pace fiscale.

Sarà quindi necessario disegnare i contorni del nuovo provvedimento escludendo del novero dei destinatari chi abbia già usufruito dei precedenti condoni. Questa soluzione sembra rispondere a ragionevolezza: infatti chi ha presentato istanza di accesso alla rottamazione ha già avuto modo di valutare la sostenibilità del piano di rateizzazione rispetto alla propria situazione economico-finanziaria. Come per le rottamazioni, anche la pace fiscale dovrà contemplare anche una chiusura delle liti pendenti in ogni stato e grado di giudizio.

Piano di rateizzazione 
Un elemento che ha reso le rottamazioni poco appetibili prima e poi produttive di scarso gettito è costituito dalle scadenze di pagamento (unica soluzione o fino a un massimo di 5 rate concentrate in pochi mesi). E’ auspicabile che la pace fiscale operi anche su questo fronte, ad esempio consentendo all’ufficio di concordare con il contribuente un piano di rateizzazione che sia sostenibile.

Post scriptum: Non ritengo di commettere sacrilegio parafrasando il “Padre Nostro”. Rimetti a noi i nostri debiti è il titolo di un film interpretato da Claudio Santamaria e Marco Giallini dal quale traspare tutta la disperata durezza della vita di chi è indebitato. La remissione del debito è un modo di estinzione dell’obbligazione di origine arcaica, già presente nel diritto romano e oggi disciplinato nel Codice Civile: mediante questo negozio unilaterale il creditore rinuncia gratuitamente al diritto di credito. Per un primo inquadramento dell’istituto, si rinvia al sempiterno manuale di diritto civile di C. M. Bianca (volume 4, pagine 461 ss.). Per tutti gli altri, c’è… Wikipedia.

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