C’è grande indignazione in questi giorni per le “ingerenze” esterne della Commissione europea e di altri partner internazionali nella fase di formazione del governo. Persino il ministro degli Esteri del Lussemburgo si è pronunciato: “Spero che Mattarella non permetta al nuovo governo italiano di distruggere tutto il lavoro fatto negli ultimi anni in Europa”. E’ davvero “l’invasione di campo” che denuncia Matteo Salvini? Io credo di no, penso che in questa fase la Commissione europea e gli altri Paesi abbiano tutto il diritto di intervenire in un dibattito pubblico che, lo hanno capito anche i sovranisti più incalliti, non è mai davvero nazionale.

Il contratto Lega-M5S prevede impegni di spesa non compatibili con il rispetto dei vincoli di bilancio europei. Si impegna in modo esplicito ad aumentare il deficit in modo “appropriato e limitato”. Dichiara ostilità ai trattati commerciali Ttip (con gli Usa) e Ceta (con il Canada) in discussione, sia pure soltanto per “gli aspetti che comportano un eccessivo affievolimento della tutela dei diritti dei cittadini, oltre a una lesione della corretta e sostenibile concorrenza sul mercato interno” (cioè nessun aspetto, secondo quello che è noto finora). Poi c’è l’impegno a rivedere i trattati internazionali che regolano l’Unione europea, impegno di lungo termine privo di risultati immediati a meno che non implichi fin da subito una violazione unilaterale degli impegni che discendono da quei trattati.
Sono tutti temi che hanno ripercussioni anche all’esterno dei confini nazionali. Magari i sovranisti vinceranno, magari l’Italia seguirà la Gran Bretagna fuori dall’Ue in un assai poco splendido isolamento. Ma finché siamo dentro l’Ue, le nostre decisioni anche in materia di bilancio hanno ripercussioni sugli altri Paesi. Così come le loro, in materia di immigrazione, per esempio, hanno conseguenze (spesso nefaste) per ltalia. Anche i nostri politici si sono spesso lamentati a gran voce delle scelte dell’Ungheria di Orbàn e della Germania di Angela Merkel sulla gestione dei rifugiati.

Le decisioni che il nuovo governo prenderà sulla linea da tenere verso l’Iran o verso la Russia sono cruciali per gli Stati Uniti di Donald Trump. Così come l’eventuale decisione di tagliare – invece che accrescere come richiesto da Washington – la spesa in investimenti militari.

La Commissione europea, poi, in base ai trattati è tenuta a tutelare l’interesse comunitario, trasversale agli Stati membri (che sono rappresentati nel Consiglio europeo, mentre i cittadini lo sono nell’Europarlamento). Quindi è non solo legittimata ma perfino tenuta a preoccuparsi di quello che fanno gli Stati all’interno dei loro confini, a cosa contengono i programmi elettorali.

Interloquire mi sembra il minimo. Cosa diversa esercitare una discrezionalità che non compete ai tecnici per influenzare le dinamiche politiche: troppe volte abbiamo visto in anni recenti, con la presidenza di Jean Claude Juncker, un eccesso di indulgenza di fronte alle palesi violazioni degli impegni presi dai governi Renzi e Gentiloni. Indulgenza motivata, talvolta in maniera esplicita, dal desiderio di non favorire i populisti. Che, invece, proprio in quelle valutazioni politiche e dunque contestabili hanno visto la conferma della scarsa autorevolezza dei moniti comunitari.

Peggio ancora tentare di condizionare i risultati elettorali manipolando il consenso (oggi viene accusata di questo la Russia, anche se in Italia non si registrano episodi concreti).

Le spinte sovraniste che hanno contagiato tutta la politica italiana – non soltanto M5S e Lega – possono dare l’illusione che quello che succede entro i nostri confini sia affar nostro. Ma non è mai davvero così. E tutti quelli che sanno di essere destinati a subire le conseguenze del negoziato sul governo hanno titolo di esprimersi. Finché restano spettatori loquaci e non provano a interferire, è un loro diritto.

Come ha ricordato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in un suo recente discorso, “La sicurezza e il progresso di qualsiasi società si basano sul principio della mutualità tra i suoi membri. E’ questo il senso della solidarietà: sapere di poter contare, quando non bastano le proprie forze, sull’aiuto del vicino”.

Pretendere di essere – o almeno di essere trattati – come isole significa rivendicare a gran voce la nostra irrilevanza.

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