Cari lettori, essendo ancora in lutto per la fine dell’African Blowtorch (quella magica perturbazione che aveva portato a Londra 28° e che gli inglesi avevano giustamente dato un nome da supereroe Marvel), immaginate il mio stato d’animo nel leggere le seguenti due cose. Reperto 1: la notizia del tribunale spagnolo che ha deciso di non considerare stupro lo stupro da parte di 5 uomini di una ragazza solo perché era troppo spaventata per opporre resistenza. Reperto 2: il post su Facebook di una mia ex-compagna di classe che dava ragione ad un articolo di Vittorio Feltri in cui sosteneva fosse giusto che le donne percepissero meno degli uomini perché, insomma, se sono geneticamente fatte per stirare le mutande e quindi lo fanno che altro vogliono dalla vita?

“Ma queste due notizie non c’entrano niente l’una con l’altra!” già vi senti gridare. “Riguardano due paesi diversi e non hanno nulla a che fare coi diritti LGBT di cui questo blog si occupa!”. Tranquillizzati caro lettore: non mi sono drogata, né mi sono ammutinata prendendo il blog in ostaggio per uno sfogo privato. Prendimi per mano e seguimi in questo ragionamento.

Prima di tutto, riguardo il caso dello stupro devo ogni due secondi fermarmi e ricordarmi che si parla di Spagna e non d’Italia. Questa è la prima cosa che mi disturba perché, per quanto faccia male dirlo, è una cosa che mi aspetterei dall’Italia dato che fin troppo spesso continuo a vedere gente che reagisce agli stupri con un “se l’è andata a cercare”. Questo ci riporta direttamente a quell’ammasso di argomentazioni becere che usa Feltri per sostenere che le donne che fanno figli se la sono andata a cercare una paga più bassa. D’altro canto, argomenta il direttore di Libero, gli uomini non possono partorire e quindi se le donne vogliono figli che ne subiscano le conseguenze professionali.

Mi verrebbe da puntualizzare che il gap di reddito non tratta tanto di differenza di stipendio a parità di lavoro, ma del fatto che le donne sono in media in lavori molto meno retribuiti degli uomini, il che evidenzia un profondo problema sociale di accessibilità a certi lavori. Quello su cui voglio attirare però l’attenzione è che suo malgrado Feltri ha ragione nel dire che le donne partoriscono e gli uomini no e qui veniamo al punto: viviamo in una società in cui le vittime e le categorie più a rischio di discriminazione vengono colpevolizzate per la discriminazione che subiscono. Questo modo di pensare perverso è talmente ingranato nelle menti da portare una madre di famiglia come la mia ex-compagna di classe a dare ragione ad un articolo aberrante come quello. Aggiungo che quella stessa madre di famiglia un anno fa aveva scritto su Facebook quanto fosse sconvolta dal fatto che un programma come il trono gay di Uomini e Donne fosse trasmesso in tv, per di più ad un’ora in cui i bambini erano ancora svegli. Se non avessi saputo cosa fosse Uomini e Donne avrei pensato si trattasse di un film di Moana Pozzi o Cicciolina, prima di ricordarmi che una in tv già c’era stata e l’altra era stata in Parlamento.

Ed ecco, caro lettore, che finalmente ho raccolto le fila di quel velo che lega insieme chi crede che uno stupro non sia uno stupro perché la donna non ha urlato fino a farsi ammazzare o perché portava una gonna corta, chi crede che sia giusto che le donne stiano a casa a sfornare figli e stirare camicie senza possibilità di redenzione sociale o indipendenza e chi crede che sia giusto picchiare una coppia di ragazzi perché si sono tenuti per mano o baciati in pubblico. Viviamo in una società adolescenziale dove chi bullizza chi non può difendersi è visto come er mejo fico der bigonzo. Viviamo in una società dove agli uomini (bianchi) viene insegnato che loro possono essere bestie che non sanno controllare i propri istinti, mentre chi appartiene a categorie socialmente meno forti non ha diritto a nessun impulso e deve votare la propria vita a schiacciarli e mondarsene.

I diritti sono tutti diritti per tutti e nessuno dovrebbe mai, per nessun motivo, essere costretto a scegliere tra quale diritto avere. Voglio un lavoro o una famiglia? Voglio uscire o rimanere sicuro/a in casa? Voglio vivere il mio amore o non rischiare di essere ucciso/a? La cultura del bullismo incrostata sotto la pelle della nostra società è quel filo che lega ciò che sembra sconnesso, perché al bullismo non importa davvero chi viene discriminato, importa solo che qualcuno lo sia così che le attenzioni ricadano su chi è più debole invece che su noi stessi. La cosa davvero grave è che la legge (nello specifico quella italiana) non tuteli chi va tutelato: in Italia è ancora legale chiedere ad una donna durante un colloquio se vuole figli (cosa impensabile in UK) e manca ancora una legge contro l’omotransfobia.

La prossima volta che vi scandalizzate per un bambino che piange perché è stato bullizzato, insultato e picchiato, ricordatevi di Feltri, della Spagna e della mia ex-compagna di scuola. Ricordatevi che quel bambino è anche una donna, un omosessuale, un trans, un disabile, un immigrato. Ricordatevi che quel bambino, in un’altra vita, potreste essere voi.

Articolo Successivo

Razzismo, ddl della senatrice Segre: “Commissione controllo sull’odio sociale. E più storia del Novecento a scuola”

next