Il 27 ottobre 2017 era stato il Cio a porre una pietra miliare nella storia dello sport, aprendo a un dialogo concreto con gli eSports, le competizioni videoludiche, perché ritenute un fenomeno meritevole d’attenzione. E il Comitato olimpico internazionale si era spinto fino ad affermare che, seppur con strumenti differenti, condividono con gli sport tradizionali gli stessi valori e gli stessi requisiti di sportività. Il 28 marzo 2018, a 5 mesi di distanza, è stato il turno dello sport italiano nelle vesti del Coni: nessun annuncio epocale, nessuna dichiarazione d’intenti rivoluzionari. Eppure, a suo modo, la semplicità dell’aver proposto un incontro tra gli attori del settore eSport italiano rappresenta ugualmente un momento a dir poco storico. L’incontro, tenutosi all’Olimpico di Roma e denominato “eSport in Italia: stato dell’arte e prospettive future”, ha mostrato l’interesse del Coni sia ad essere parte attiva dello sviluppo del movimento italiano dell’eSport sia a conoscere i protagonisti di oggi di questo mondo.

Il Coni, grazie al suo ruolo di organismo indipendente super partes, potrebbe essere il candidato numero uno come potenziale supervisore del settore. Ma anche come partner che condivide il proprio know-how affinato e sperimentato in anni e anni di eventi sportivi. Eventi che ormai non sono più semplicemente firmati dal singolo Coni o dalle varie federazioni sportive ma realizzate in collaborazione tra i vari enti. La struttura delle federazioni è di tipo piramidale: in cima il Comitato olimpico italiano che fornisce le linee guida alle federazioni nazionali e agli enti di promozione sportiva sottostanti. Un modello che si ripete in egual misura a livello internazionale con il Cio e le federazioni mondiali dei vari sport. La rivoluzione operata dal Coni negli ultimi anni ha creato un sistema aperto di condivisione di competenze e idee tramite la realizzazione di eventi comuni tra il Comitato e le federazioni sottostanti. Tennis, calcio, equitazione e le altre discipline collaborano oggi attivamente tra di loro nella realizzazione di eventi. Con risultati straordinari che avvantaggiano l’intero ambiente sportivo a 360 gradi. E “fare sistema” è stata la diretta richiesta del Coni ai rappresentanti dell’eSport italiano.

La direzione intrapresa dal Comitato Olimpico di fare fronte comune con le proprie federazioni è indubbiamente l’esempio da seguire in un panorama eSport frammentato e senza punti di riferimento fissi per chi si affaccia da esterno sul settore. “Un movimento, quello italiano, che già due volte sembrava sul punto di affermarsi e che per ben due volte è imploso su se stesso”, racconta Simone “AKirA” Trimarchi, eSporter della prima ora dalla fine degli anni ‘90. Una carriera da giocatore, da caster, da giornalista di settore. Adesso ha coronato il suo sogno di lavorare negli eSports e per gli eSports. Ma la strada è lunga: “È sufficiente ricordare che nel 2006 all’autodromo di Monza si disputarono le finali del World Cyber Games con giocatori provenienti da tutto il mondo. Un evento che rimane tuttora il più importante nella storia dell’eSport italiano.”

Sono trascorsi dodici anni da allora ma, anziché aver fatto progressi, sembra si sia tornati indietro nel tempo. Eppure mai, in passato, il Coni si era volontariamente presentato come interlocutore diretto per discutere il futuro degli sport elettronici con i diretti protagonisti. Protagonisti che, altrettanto per la prima volta, erano tutti presenti allo stesso tavolo. Le parti istituzionali, come GEC e ITeSPA, rappresentanti degli Enti di Promozione Sportiva italiani, le associazioni, ovvero coloro che promuovono gli eSports sul territorio in modo capillare, le squadre competitive che esportano l’Italia all’estero, i tournament organizer, come PG Esports, costola del gruppo Fandango, e Pro Gaming Italia, concessionaria nel nostro paese del marchio ESL, il più importante organizzatore di eventi a livello mondiale; l’industria dei videogiochi, rappresentata da AESVI, l’Associazione editori e sviluppatori videogiochi italiani tramite la voce di Thalita Malagò, direttore generale dell’associazione; i caster, rappresentati da Ivan Grieco, commentatore professionista di competizioni videoludiche; i giocatori, l’essenza finale degli eSports, come Joshua “Ghirlanda” Bianchi, campione di Tekken per il team Exeed, Mattia “LoneWolf92” Guarracino e Nicolò “Insa” Mirra, rispettivamente giocatori ufficiali di Sampdoria e Roma su Fifa; infine, ma non meno importanti, gli sponsor, motore economico del movimento.

Presente, inoltre, Angelo Cito, presidente della FITA – Federazione Italiana Taekwondo, la prima istituzione sportiva federale italiana a recepire il comunicato del Cio e a proporsi come promotore dei titoli del genere picchiaduroStreet Fighter, Tekken, Smash Bros sono solo alcuni degli esempi più famosi. Un’idea nata anche in previsione di cosa potrebbe accadere in futuro a Parigi 2024: il paese ospitante, infatti, può proporre fino a cinque nuove discipline da inserire per quella singola edizione ai Giochi Olimpici e nulla vieta, in questo momento, che una di queste possano essere proprio gli eSports, ben conosciuti e rispettati in Francia. L’iniziativa della Federazione di Taekwondo è quindi da intendere in prospettiva futura: un modo per farsi trovare pronti. Una direzione che, secondo voci di corridoio, potrebbe presto essere seguita anche dall’Unione Italiana Tiro a Segno in relazione ai titoli sparatutto come Counter-Strike: GO, Call of Duty o Overwatch.

Secondo questo processo potrebbe addirittura delinearsi una configurazione futura in cui ogni federazione si ritaglierebbe uno spazio sul proprio genere eSport di riferimento, piuttosto che creare la federazione dei videogiochi competitivi. A una prima analisi sembra una follia perché alcuni generi, quelli non sportivi in particolare, rimarrebbero fuori da tale descrizione, ad esempio i MOBA come League of Legends. Tuttavia questi titoli rientrerebbeo sotto la federazione di un qualsiasi gioco di squadra: magari la pallacanestro che con LoL condivide lo stesso numero di giocatori in campo e un movimento di rotazione dei giocatori sulla mappa per distruggere la base nemica simile a quello utilizzato nel basket per raggiungere il canestro. Ugualmente, e banalmente, Hearthstone finirebbe sotto la Federazione Italiana Gioco Bridge, mentre Starcraft II potrebbe essere assimilabile agli scacchi, e alla relativa federazione, in quanto gioco strategico.

Uno scenario ancora troppo lontano nel tempo per capirne la plausibilità o meno. La sicurezza, al momento, è che quanto accaduto al Coni sia stato un passo storico verso il futuro. Un primo, piccolissimo e timido passo verso la collaborazione sempre più stretta tra sport e eSports. Senza dimenticare però, come ammonisce Trimarchi, che “la questione principale in Italia è decidere che direzione dare all’eSport. Non c’è una direzione giusta sulla bussola: che sia nord, sud, est o ovest, l’importante è sceglierne una e muoversi coralmente con l’unico scopo di seguirla”. Il punto di partenza, però, devono essere i gamers, amatori e professionisti, che competono, che vogliono competere e su cui il movimento si deve basare per crescere. Senza di loro non c’è futuro per nessuno negli sport elettronici.

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