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Sette anni di guerra in Siria e una speranza a Roma

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Il conflitto siriano è entrato ieri nel suo ottavo anno. In questo desolante contesto, un gruppo di rifugiati cerca di fare qualcosa per rimboccarsi le maniche e ottenere indipendenza economica, oltre a cercare di mandare dei soldi in Siria; lo fanno cucinando cibi siriani a Roma.

Hummustown aiuta i rifugiati siriani a Roma a ottenere l’indipendenza economica offrendo loro un lavoro dignitoso: cucinare, confezionare e consegnare cibo siriano a Roma e dintorni. Per espandere il progetto, i promotori hanno lanciato una campagna di crowdfundingwww.gofundme.com/hummustown – al fine di acquisire uno spazio che includa una cucina industriale, uno spazio per uffici, una sala riunioni e una reception per gli ordini diretti.

I fondi dovrebbero coprire i costi operativi del progetto per 12 mesi e consentire a questa impresa sociale di spiccare il volo.

Shaza Saker, una siriana che vive e lavora a Roma ha iniziato il progetto con la volontà di permettere ai rifugiati siriani di mantenersi dignitosamente portando la tradizione culinaria siriana a Roma. Per superare le barriere linguistiche che i rifugiati devono affrontare, insieme ad amici, colleghi e familiari, Shaza ha fornito ai rifugiati gli elementi per poter iniziare questa impresa: “Attualmente ci sono sei rifugiati che lavorano attivamente come parte della squadra. L’obiettivo è aiutarli a raggiungere la piena indipendenza e poter anche inviare soldi alle loro famiglie in Siria. I rifugiati non vogliono dispense o carità. Vogliono solo una possibilità.

Hummustown vuole essere proprio questo. La possibilità. Documenteremo ogni centesimo delle donazioni spese e forniremo rapporti mensili ai sostenitori del progetto. Forniremo inoltre aggiornamenti periodici scritti o video sullo stato di avanzamento del progetto. In passato, abbiamo sostenuto profughi etiopi, iracheni e palestinesi e siamo aperti a qualsiasi suggerimento. Vogliamo alleggerire il fardello dei bisogni dei rifugiati dallo Stato, e cambiare l’immagine di tutti i rifugiati a Roma da utenti passivi a membri proattivi e indipendenti della comunità”.

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