Cinema

Festival di Berlino 2018, Robert Pattinson e Mia Wasikowska con la campagna #MeToo. Fischi al film loro Damsel

Sorta di deriva grottesco-surreale del genere western, il film dei Zellner bros è una sbiadita copia delle moderne ibridazioni dei generi hollywoodiani col genere principe, cioè il western, di cui sono maestri contemporanei i Coen e Tarantino

di Anna Maria Pasetti

Robert Pattinson Mia Wasikowska sostengono #MeToo e tutte le attività a sostegno delle donne abusate che hanno deciso di fare coming out. Lo fanno sapere dalla Berlinale dove sono i divi di giornata in quanto protagonisti della commedia western Damsel diretta dai fratelli Zellner, oggi in concorso. “Sono stata in Australia quasi tutto il periodo da quando #MeToo è esploso, ma fin dall’inizio ho dato il mio sostegno, anche se da lontano da Hollywood. Spero possa veramente cambiare qualcosa, è necessario come non mai” ha dichiarato l’attrice nata a Canberra a cui ha fatto seguito l’appello del collega britannico Pattinson, “Chi è stato abusato ha il diritto di cercare giustizia e questi movimenti globali forse offrono una protezione allargata a chi vive questa situazione difficile”.

Più applauditi per il loro appoggio alle vittime del Sexgate che non per il film che accompagnano al Festival di Berlino, i due attori si sono comunque prestati a promuoverlo, pur consapevoli dei fischi che Damsel ha ottenuto alla proiezione per la stampa in mattinata. Sorta di deriva grottesco-surreale del genere western, il film dei Zellner bros è una sbiadita copia delle moderne ibridazioni dei generi hollywoodiani col genere principe, cioè il western, di cui sono maestri contemporanei i Coen e Tarantino, giusto per fare un paio di nomi. Ambientato in uno Utah da cartolina con ovvio riferimento al Technicolor classico, racconta di un giovane Candid, Samuel (Pattinson) che, sbarcando su una spiaggia del Pacifico dal nulla accompagnato da un magnifico pony caffellatte, si dirige in una cittadina dove assolda un sedicente prete e con lui si dirige a “liberare” per poi sposare con tanto di anello e serenata l’amata Penelope (Wasikowska), apparentemente tenuta prigioniera da un bruto. Naturalmente le cose non stanno proprio così, e la narrazione ben presto ci fa capire che il Cavaliere senza macchia e senza paura non è che il sintomo di un Far West alla deriva, dove gli uomini sono inetti e smarriti in “pene d’amor perdute” mentre la vera furia ha i tratti dolci e i capelli biondi della donna. Un’inversione dei canoni classici, è vero, peccato però che venga inserita in un’operina noiosa e prevedibile, anche quando sceneggiatura e regia tentano di farci intendere il contrario, offrendo insipidi colpi di scena. Ci sono momenti di ilarità, sorrisi sparsi per alcuni siparietti riusciti, ma questo mondo di freak che abitano il western non solo è gia percorso (dai migliori, vedi sopra) ma rischia l’effetto caricatura.

Commentando il suo personaggio, Pattinson ha precisato al suo stuolo di fan – che stanno assediando chiaramente il Palast Berlinale – di non credere all’amore puro “giammai!” mentre rispetto al franchise di Twilight che l’ha portato al successo planetario il bel vampiro romantico ha smentito ogni forma di trauma, “ho un ricordo sempre importante e vitale di Twilight, oggi ovviamente mi piace fare altro, sperimentare soprattutto con autori indipendenti e spero di poter continuare su questo percorso. Ma non direi di no a una nuova trilogia se fosse interessante”.

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