Ha di nuovo fatto il giro dei media la questione dei rifiuti a Roma, ma le partigianerie politiche e le semplificazioni mediatiche producono effetti distorcenti. Come se il problema fosse quello di bruciare o no nell’inceneritore di Parma ex 5 stelle i rifiuti di Roma 5 stelle. Come se Raggi dovesse chiederlo a Federico Pizzarotti, con tanto di variazioni se per telefono, per iscritto o di persona. In realtà in questi casi sono le Regioni che chiedono alle altre Regioni. In molti articoli poi si sprecano le battute sugli anti inceneritoristi grillini che sarebbero incoerenti perché poi hanno bisogno di chiedere ospitalità a inceneritori lontani.
La sfida politica da campagna elettorale fa velo sulla sfida tra diversi punti di vista e interessi nel campo della gestione dei rifiuti. Le due sfide in parte sono intrecciate, in parte no. Parlando di Roma, bisogna sempre ricordare che il sistema si reggeva sulla maxidiscarica di Malagrotta, chiusa dalla giunta Marino. Ci voleva un inceneritore o un’altra maxidiscarica per sostituire Malagrotta? In ogni caso, anche se la Regione e la Giunta Raggi avessero deciso di puntare su un impianto del genere, oggi non sarebbe ancora funzionante e la “esportazione” fuori Regione di una quota di rifiuti indifferenziati continuerebbe a essere inevitabile.
Del resto, il ministro Gian Luca Galletti, che in questi giorni si è aggiunto al coro di chi condanna il comune di Roma per la “esportazione” di rifiuti, l’anno scorso ha sostenuto lo Sblocca Italia, magnificando che andava a creare un sistema nazionale di smaltimento superando i localismi. La nuova amministrazione romana ha sposato la filosofia del movimento “Rifiuti Zero” e ha deciso di puntare tutte le sue carte sulla differenziata e inoltre su prevenzione e riduzione dei rifiuti e riuso. La raccolta differenziata adesso ha superato il 44% e i rifiuti indifferenziati sono calati anche in termini assoluti, nonostante l’aumento dei consumi.
Recentemente è stato sperimentato con successo nel quartiere del Ghetto un nuovo sistema ( coi sacchi dell’indifferenziato “chippati”) che ha portato a superare in quella zona l’80 per cento di raccolta differenziata. Assessora all’Ambiente e Ama Roma hanno programmato di estendere il nuovo sistema a mezza città nel giro di due anni. Si stanno per inaugurare impianti di compostaggio che faciliteranno il flusso della raccolta differenziata dell’organico. Certo è difficile per una grande città superare il 70% e comunque resterebbe un 30%. Il nuovo Piano di Roma intende affrontare quel 30% con ulteriori operazioni di selezione, “estrusione” essiccamento e recupero. Senza discariche e inceneritori. I ritmi di questo prossimo anno 2018 saranno fondamentali per determinare se la sfida riesce, e la collaborazione dei cittadini sarà indispensabile. La collaborazione con un piano di progresso ambientalista, non con le alterne e contraddittorie vicende di una giunta o di 5 stelle.
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